Avv. Pino Cupito
Il Tar Lazio con una la recente pronuncia (in calce il testo integrale della Sent. n. 10660 del 20.10.2020) torna a delimitare e a specificare il perimetro dell’accesso agli atti ai sensi della Legge 241/90.
In particolare il Tribunale amministrativo sancisce che l’istanza di accesso agli atti della P.A. deve avere ad oggetto una specifica documentazione in possesso dell’amministrazione indicata in modo sufficientemente preciso e circoscritto.
Inoltre, la medesima istanza non può riguardare dati ed informazioni generiche relative ad un complesso non individuato di atti di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza, il contenuto e finanche la effettiva sussistenza.
Una simile istanza assumerebbe infatti un sostanziale carattere esplorativo come tale inammissibile nei confronti dell’operato della pubblica amministrazione.
Infatti, per consolidata giurisprudenza il diniego di accesso agli atti può essere, legittimamente opposto in ragione della genericità dell’istanza, sia sotto il profilo dei documenti richiesti, sia sotto quello del labile interesse all’ostensione, atteggiandosi l’indeterminatezza della domanda ad un sostanziale controllo generalizzato sull’attività amministrativa.
La pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato.
Invece, nel caso in cui l’istanza rechi il richiamo e/o l’espresso riferimento esclusivamente alla l. n. 241 del 1990, detta istanza deve essere necessariamente esaminata soltanto sulla base degli elementi e dei requisiti richiesti da tale ultima normativa.
Dunque la P.A. non potrà fare riferimento alla normativa relativa all’accesso civico e ai suoi presupposti applicativi.
E neppure il il giudice amministrativo adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., può mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento.
L’univoca giurisprudenza chiarisce infatti che, ai fini dell’accesso, è necessario che l’interesse dell’istante, pur in astratto legittimato, possa considerarsi concreto, attuale, diretto, e, in particolare, che preesista all’istanza di accesso e non ne sia, invece, conseguenza.
In altre parole, l’esistenza di detto interesse deve collocarsi anteriormente all’istanza di accesso documentale che, quindi, non deve essere impiegata e piegata a “costruire” ad hoc, con una finalità esplorativa, le premesse affinché sorga ex post.
Diversamente, infatti, l’accesso documentale assolverebbe ad una finalità espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, delle pubbliche amministrazioni (ibidem).
Testo della Sentenza
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sent. n. 10660 del 20.10.2020
Premesso che:
– con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la società “XXX” – titolare, sino al luglio del 2018, della concessione demaniale marittima n. XXX (di rinnovo della precedente concessione n. VVV) avente ad oggetto l’occupazione dell’area di circa 14.400 mq, di cui 3.832 coperti, sita in località YYY destinata a stabilimento balneare – ha agito per l’annullamento dei provvedimenti in epigrafe indicati, con i quali sono state rigettate, dal Comune di Fiumicino e dall’Agenzia del Demanio, le istanze presentate per l’accesso ai documenti amministrativi ex artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, nonché per l’accertamento del diritto all’ostensione degli atti richiesti e per la conseguente condanna degli enti intimati;
– la società “La XXX” ha rappresentato di aver proposto innanzi a questo Tribunale ricorso (iscritto al numero di R.G. —- del 2018) avverso la determina dirigenziale del Comune di Fiumicino n. 86 dell’11 giugno 2018, notificata il 31 luglio 2018, con la quale è stata disposta la decadenza della suddetta concessione, allo stato pendente, e di aver successivamente appreso della possibilità concessa ad altri operatori di dilazionare il pagamento degli arretrati con mantenimento della gestione della struttura, avviando iniziative per regolarizzare la propria posizione, riscontrate non favorevolmente dall’amministrazione, la quale ha disposto lo sgombero della struttura eseguito nel settembre 2019;
– in considerazione della ritenuta sussistenza di disparità di trattamento, in data 21 aprile 2020, la società ha, dunque, presentato istanza di accesso agli atti relativi [ai] procedimenti ed ai rapporti con altri concessionari, “onde accertare la sussistenza della denunciata discriminazione” (pag. 4 del ricorso introduttivo, ultimo capoverso), rigettata sia dal Comune di Fiumicino sia dall’Agenzia del Demanio con i provvedimenti impugnati;
– avverso i provvedimenti impugnati ed a sostegno della pretesa all’ostensione degli atti richiesti, la difesa della ricorrente ha dedotto la sussistenza di tutti i presupposti prescritti ed, in primis, dell’interesse diretto, concreto ed attuale all’ostensione, dal momento che la conoscenza degli atti potrebbe incidere anche sulla propria posizione giuridica nel giudizio pendente innanzi a questo Tribunale, rilevando, altresì, il diritto all’accesso anche alla stregua delle previsioni del d.lgs. n. 33 del 2013, come modificato con il d.lgs. n. 97 del 2016, con le quali è stato introdotto il c.d. accesso civico generalizzato;
– l’Agenzia del Demanio ed il Comune di Fiumicino si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame, concludendo, con ampie argomentazioni, per il rigetto del ricorso in quanto infondato;
– successivamente, in data 29 settembre 2020, parte ricorrente ha prodotto memoria replicando alle deduzioni delle controparti;
– alla camera di consiglio del 14 ottobre 2020 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Ritenuto che:
– il Collegio deve preliminarmente rilevare la radicale inconferenza delle deduzioni di parte ricorrente dirette a contestare la violazione della disciplina in materia di c.d. accesso civico generalizzato, recata dal d.lgs. n. 33 del 2013, come modificato ed integrato dal d.lgs. n. 97 del 2016, venendo in rilievo, nella fattispecie, istanze di accesso che sono state formulate ai sensi della l. n. 241 del 1990 e che, come tali, del tutto correttamente, sono state valutate dalle amministrazioni resistenti;
– come chiarito dall’Adunanza plenaria con la sentenza n. 10 del 2020 con considerazioni di generale valenza e, dunque, non circoscritte alla specifica fattispecie esaminata, la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, ove, invece, nel caso in cui, come nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l’istanza rechi inequivocabile ed espresso riferimento esclusivamente alla l. n. 241 del 1990, la stessa deve essere esaminata unicamente sotto i profili dettati da tale ultima legge e non anche con riferimento all’accesso civico generalizzato, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento;
– la diversità dei presupposti, delle tecniche di bilanciamento degli interessi ed anche degli strumenti di tutela che caratterizzano i due istituti (quello dell’accesso ex l. n. 241 del 1990 e quello dell’accesso civico ordinario), escludono, infatti, qualsivoglia forma di mutatio libelli nello scrutinio della domanda proposta ai sensi dell’art. 116 c.p.a., non potendo il giudice pronunciarsi su un potere non ancora esercitato, stante il divieto dell’art. 34, comma 2, c.p.a., per non essere stato nemmeno sollecitato dall’istante (come evidenziato nella sopra indicata pronuncia: “In altri termini, electa una via in sede procedimentale, alla parte è preclusa la conversione dell’istanza da un modello all’altro, che non può essere né imposta alla pubblica amministrazione né ammessa – ancorché su impulso del privato”);
– emerge per tabulas dalla documentazione in atti che l’istanza è stata presentata tanto all’Agenzia del Demanio quanto al Comune di Fiumicino esclusivamente ai sensi della l. n. 241 del 1990 e con inequivoco riferimento all’asserita sussistenza dei relativi presupposti, come pure emerge che le istanze sono state esaminate, coerentemente con il loro contenuto, da dette amministrazioni senza accedere neppure ultra petita al differente vaglio previsto dalla disciplina in materia di accesso civico generalizzato;
– legittimamente le amministrazioni resistenti hanno rigettato l’istanza presentata dalla ricorrente;
– va rilevato, in primo luogo e ad integrazione della parziale rappresentazione fornita dalla difesa della ricorrente, che il ricorso proposto avverso il provvedimento di decadenza della concessione demaniale (iscritto al numero di R.G. 13507 del 2018) ha costituito già oggetto di trattazione limitatamente alla fase cautelare, conclusasi con il rigetto della domanda interinale, con ordinanza n. 7617/2018 del 14 dicembre 2018, con la quale è stata rilevata l’insussistenza del requisito [del] fumus boni iuris, confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 1791/2019 del 5 aprile 2019, alla quale ha fatto seguito l’ulteriore ordinanza di rigetto della domanda cautelare formulata con il ricorso per motivi aggiunti (n. 6153 del 18 settembre 2019) proposto avverso la determinazione del Comune di Fiumicino n. 83264 del 16 maggio 2019, con la quale è stato ingiunto il rilascio dell’area demaniale in concessione;
– le istanze di accesso sono state presentate in epoca ampiamente successiva all’instaurazione del sopra indicato giudizio e, segnatamente in data 21 aprile 2020;
– come chiarito dall’univoca giurisprudenza (il che esime da citazioni specifiche), ai fini dell’accesso è necessario che l’interesse dell’istante, pur in astratto legittimato, possa considerarsi concreto, attuale, diretto, e, in particolare, che preesista all’istanza di accesso e non ne sia, invece, conseguenza; in altri termini, l’esistenza di detto interesse deve collocarsi anteriormente «all’istanza di accesso documentale che, quindi, non deve essere impiegata e piegata a “costruire” ad hoc, con una finalità esplorativa, le premesse affinché sorga ex post» (in termini, Ad. plen. n. 10 del 2020). Diversamente, infatti, “l’accesso documentale assolverebbe ad una finalità espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, delle pubbliche amministrazioni (ibidem);
– dalla documentazione in atti emerge, invero, che le istanze sono volte a invocare circostanze, da verificare tramite l’accesso, che in un modo del tutto eventuale ed ipotetico potrebbe provare una supposta disparità di trattamento, la quale, peraltro, non ha neppure costituito oggetto di specifica censura nel sopra indicato giudizio pendente innanzi a questo Tribunale;
– la finalità esplorativa è, del resto, resa evidente dalla formulazione delle domande aventi ad oggetto “tutti gli atti e documenti concernenti i procedimenti di eventuale decadenza e di dilazione dei pagamenti di tutti i concessionari di stabilimenti balneari del Comune di Fiumicino, con particolare riferimento a: Il Glauco; Il Matino; Manila Beach; La Vela; il Patio e Point Break”, difettando, dunque, di qualsivoglia connotato di sia pure solo sufficiente specificazione;
– emerge, quindi, una evidente genericità delle istanze, in quanto obbligano le amministrazione a ricercare tutti gli atti e i documenti riferiti a concessioni “eventualmente” dichiarate decadute ovvero a dilazione dei pagamenti accordate a “tutti i concessionari” di stabilimenti balneari, sei dei quali nominativamente indicati, in assenza di una delimitazione temporale e di un interesse caratterizzato nei termini sopra chiariti;
– l’accesso agli atti della P.A., infatti, deve avere ad oggetto una specifica documentazione in possesso dell’amministrazione indicata in modo sufficientemente preciso e circoscritto e non può riguardare dati ed informazioni generiche relative ad un complesso non individuato di atti di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza, il contenuto e finanche la effettiva sussistenza, assumendo un sostanziale carattere di natura meramente esplorativa;
– per consolidata giurisprudenza il diniego di accesso agli atti può essere, dunque, legittimamente opposto in ragione della genericità dell’istanza, sia sotto il profilo dei documenti richiesti, sia sotto quello del labile interesse all’ostensione, atteggiandosi l’indeterminatezza della domanda ad un sostanziale controllo generalizzato sull’attività amministrativa;
– in conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso va rigettato;
– le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo rigetta.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia del Demanio e del Comune di Fiumicino, liquidate complessivamente in euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.