Sulla scissione della notifica degli avvisi di accertamento degli Enti Locali

Avv. Giuseppe MAPPA


La Commissione regionale di Reggio Calabria, con sintetica motivazione, afferma che:

A– il principio della scissione della notificazione non trova applicazione per gli avvisi di accertamento degli Enti Locali.
B– che, seppur il Comune non sia incorso in decadenza (spedendo per la notifica l’avviso di accertamento entro e non oltre il 31.12. del 5^ anno successivo a quello della annualità’ dii riferimento) ciò non esclude che, ove consegnato oltre detto termine al contribuente, il formarsi della prescrizione del diritto ad esigere l’imposta.
Ciò perché, nessun termine di decadenza esclude il formarsi dell’altro di prescrizione (principio civilistico affermato da una vita).


Commissione Tributaria Regionale Reggio Calabria 

Sentenza n. 106 del 19.01.2021


Svolgimento del processo 
IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso notificato il 29-3-2018 e depositato il 27-6-2018 xxx ha proposto opposizione nei confronti del Comune di Reggio Calabria, avverso l’avviso di accertamento e irrogazione sanzioni- in epigrafe meglio individuato e notificatole il 18-1- 2018- per la somma di € per IMU per l’anno 2012 relati va ad un immobile sito a xxxx, al xxx (in catasto al foglio xx part.lla xxx sub 8).

Ha eccepito a sostegno il mancato invio di un avviso bonario, l’intervenuta prescrizione, la mancata indicazione dell’estratto di ruolo e di quando lo stesso è stato dichiarato esecutivo, la circostanza che si tratta di un elenco di somme senza alcuna motivazione.

Ha evidenziato poi che si trattava ?i sua prima casa per cui l’aliquota da applicare era quella ad essa relativa (4 x 1000) con la prevista detrazione di € 200, 00, e non la maggiore ritenuta dall’Ente (10,6 x 1000), di talché aveva versato in due rate la complessiva somma di € 133,00 mentre i1 Comune le aveva richiesto quella di € xxxx, sull’ erroneo presupposto che si tratterebbe di “altri fabbricati .

Ha pertanto concluso, chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato con vittoria di spese e compensi.

Formatosi il contraddittorio si è costituito l’Ente impositore che ha resistito, sostenendo che non fosse necessario l’invio di alcun avviso; che il termine a decorrere dall’l-1-2007 fosse soltanto di decadenza e che aveva caricato sul SIN delle Poste la raccomandata in data 29-12-2017; che comunque la prescrizione inizierebbe a decorrere dall’accertamento definitivo e dalla notifica degli atti successivi (cartella di pagamento e/o ingiunzione); che l’atto conteneva tutti gli elementi utili per mettere il contribuente in condizioni di rendersi conto della pretesa; che infine la ricorrente non risultava essere residente nell’immobile in questione.

Ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Con memoria illustrativa dell’ll-2-2020 ha aggiunto che l’avviso riguardava l’immobile sito al civico 10 mentre lei risiedeva al numero 6, per cui si trattava di immobile non di sua proprietà
L’opposizione è fondata e va pertanto accolta.

Ed invero, emerge dagli atti di causa- ed è incontestato- che l’ingiunzione qui impugnata sia stata notificata alla contribuente il 18-1-2018.
Ne discende che si sia maturato il termine di prescrizione quinquennale, previsto per il tributo in questione.
E, sia detto per inciso, ma il dato non è in contestazione, detto termine va calcolato con riferimento alla data in cui l’atto sia giunto a destinazione, trattandosi di atto recettizio che spiega i suoi effetti (sostanziali, e non processuali) interruttivi della prescrizione solo nel momento in cui sia stato portato a conoscenza del debitore.

Il Comune ha però sostenuto che dall’1-1-2007, all’indomani cioè dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma CLXI, della L. n. 296 del 2006, il termine quinquennale per la notifica degli avvisi di accertamento abbia natura decadenziale e non di prescrizione, quest’ultima invece decorrente dal momento in cui il tributo sia stato affidato al Concessionario per intraprendere la riscossione.

In altri termini, sempre a suo parere, “il termine di prescrizione si applica (ai tributi locali) soltanto quando la debenza (sia) stata accertata definitivamente ed il credito (venga) richiesto con atti successivi alla notifica della cartella di pagamento o dell’ingiunzione”. Trattandosi poi di decadenza, opererebbe il noto principio della scissione degli effetti della notifica, per cui, per il notificante, vale il momento della consegna all’agente notificatore, per il notificando, quello dell’effettiva ricezione.

La tesi-a parte l’ultima termine per il notificante e dall’intervento di Corte Cost. considerazione, relativa al diverso il destinatario dell’atto, sancito n. 477 del 2002- non ha pregio.
Contrariamente all’assunto dell’Ente impositore, la circostanza che dall’1-1-2007 il legislatore abbia introdotto un termine di decadenza non l’applicabilità applicabile a significa che da quella data abbia escluso della prescrizione, istituto di carattere generale, tutti i diritti, salvo quelli dichiarati imprescrittibili: solo che il primo termine si è aggiunto al secondo.

Che i due istituti possano (e debbano) avere applicazione al medesimo credito lo si evince da quanto stabilito dall’art. 2964 cod. civ. che, nel momento in cui stabilisce che alla decadenza non si applicano le regole relative alla interruzione della prescrizione, presuppone all’evidenza che la prescrizione comunque si applichi, restando fuori solo la parte delle disposizioni inserite nella Sezione III del titolo V (artt. 2943-2945 cod. civ.).

E ciò si spiega, tenuto conto della diversa natura dei due istituti giuridici, ben esemplificata in giurisprudenza (Cfr., per es., Cass. Civ., sez. VI, 07/11/2017, n.26309, relativa agli effetti della domanda giudiziale: “La non estensione alla decadenza dell’effetto interruttivo della domanda giudiziale previsto dalle norme sulla prescrizione, secondo quanto stabilito dall’art. 2964 c.c., è giustificata dalla non omogeneità della natura e della funzione dei due istituti, trovando la prescrizione fondamento nell’inerzia del titolare del diritto, sintomatica per il protrarsi del tempo, del venir meno di un concreto interesse alla tutela, e, la decadenza nel fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto entro un termine stabilito, nell’interesse generale o individuale, alla certezza di una determinata situazione giuridica”).

I termini di decadenza e prescrizione decorrono indipendentemente l’uno dall’altro, pur se i due dies a quo possono coincidere: il primo relativo all'(unico)atto dalla legge previsto;
il secondo, dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (arg. ex art. 2935 cod. civ.).

L’inapplicabilità delle norme sulla interruzione della prescrizione (art. 2964 cit.) non sottintende che la prescrizione sia interrotta finché non decorrano i termini di decadenza: sono gli atti tesi ad interrompere il decorso della prima che non si applicano alla seconda, non che sia interrotta tout court la prescrizione (“non si applicano le norme relative all’interruzione della prescrizione”); la ragione è facilmente intuibile, ove si consideri che- al contrario della prescrizione in cui il termine interrotto per esempio con atto di messa in mora riprende a decorrere per intero dal giorno successivo e può essere interrotto più volte con atti sia extra che giudiziari- l’atto teso ad impedire la decadenza è uno solo: quello espressamente di volta in volta previsto dal legislatore a tale scopo; una volta compiuto non vi sarà più spazio per altra decadenza.

Ancora, contrariamente all’assunto dell’Ente impositore, il momento in cui il diritto relativo, in questo caso, all’IMU, può essere fatto valere coincide con la scadenza del termine per il versamento dell’imposta perché da quel momento sorge già il diritto al recupero (con tutti i conseguenti adempimenti: accertamento, liquidazione, riscossione); da quello stesso momento inizia altresì a decorrere la prescrizione (arg. ex art. 2935 cod. civ.).

Nel caso qui sottoposto a questa Commissione tributaria, trattandosi dell’annualità 2012, il termine quinquennale, pacificamente in giurisprudenza ricavato dal disposto dell’art. 2949 n. 4 cod. civ., scadeva al 31-12-2017.
La prescrizione quindi, si era già maturata all’atto della notifica avvenuta in data 18-1-2018.

Ciò, a voler prescindere dal rilievo che comunque non vi è prova certa che l’atto fosse stato consegnato per la spedizione in data antecedente il 31-12-2017, e cioè il 29 precedente.
A fronte infatti di una “dichiarazione di presa in carico flussi caricati mediante portale SIN”, inviata da Poste italiane il 18-1-2018, secondo la quale “i flussi ivi riportati” erano stati “presi in carico da Poste Italiane” in varie date di dicembre 2017, il ricorrente ha prodotto la schermata, notoriamente presente sul sito www.poste.it, “esito della spedizione”, “stato lavorazione”, dalla quale emerge invece una “presa in carico” in data 15-1-2018.

E non vi è agli atti nessuna indicazione del numero della spedizione postale, per cui quello indicato nella dichiarazione ( “xxxxx017. ter”, evidenziato in rosso dal Comune) e non si capisce a cosa sia riferibile, non trovando corrispondenza per esempio nell’avviso di ricevimento postale né riferimento al numero dell’atto impositivo: avrebbe dovuto il Comune, su cui incombeva l’onere della tempestività della notifica, dare la prova che quel riferimento era relativo all’invio postale dell’atto in questione.

Le altre censure restano assorbite.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate secondo i nuovi parametri voluti dal D.M. n. 55 del 2014, emanato ai sensi dell’art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1 convertito con modificazioni nella legge 24 marzo 2012 n. 27, trattandosi di attività defensionale ancora in corso al momento della sua entrata in vigore.

La novella poi, per esplicita volontà dell’art. 28 D.M. cit., si applica a tutte le liquidazioni successive alla sua entrata in vigore, quindi anche a quella qui in esame, in cui l’opera defensionale non era ancora esaurita al momento della decisione (cfr., Cass. Civ., SS.UU., 12-10-2012 n. 17405: “In tema di spese processuali, agli effetti dell’art. 41 del d. m. 20 luglio 2012, n. 140, il quale ha dato attuazione all’art. 9, secondo comma, del D. l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata”. Cfr. altresì, Corte. Cost. 7-11-2013 n. 261) .


P.Q.M.

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI REGGIO CALABRIA, SEZ. IX:
Accoglie il ricorso ed annulla l’atto impugnato.
Condanna l’ente resistente al pagamento delle spese processuali che liquida complessivamente in€ 970,00, di cui€ 70,00 per spese vive, oltre spese gen., C.P.A. ed I.V.A. come per legge.

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