Secondo il tradizionale insegnamento della più autorevole dottrina civilistica (cfr. Trabucchi, Istituzioni di Diritto Civile, CEDAM 1999, pag. 831 e ss.), in subiecta materia (art. 588 c.c.), si ha successione a titolo universale quando una persona viene a sostituire il de cuius nella totalità o in una quota dei suoi rapporti attivi e passivi.
Accanto a questa forma di successione a titolo universale, che costituisce l’eredità, abbiamo la successione a titolo particolare, il legato, che è l’istituzione in singoli determinati rapporti.
Nell’eredità la chiamata comprende l’universalità dei beni o una quota ideale degli stessi, dove la quota equivale a una frazione matematica del tutto.
Nella delineata ricostruzione dogmatica, è erede tanto colui che succede per l’intero (heres ex asse) quanto coloro che succedono in una quota ideale (heredes ex parte).
La nomina dell’erede risulta da una istituzione formale (ad es. “nomino erede Tizio”) oppure dal lascito della totalità dei beni, mentre resta legatario chi riceve un singolo bene anche se questo costituisca la parte principale del patrimonio ereditario.
Per tracciare la linea di demarcazione tra eredità e legato, l’interprete è chiamato a svolgere una articolata e compiuta ricostruzione, a posteriori, della reale volontà del testatore – così come espressa nel negozio mortis causa – che rappresenta il fine ultimo da perseguire e tutelare in materia ereditaria.
Sull’argomento la Suprema Corte (cfr. Cass. civ. Sez. II Sent., 06/10/2017, n. 23393) ha statuito quanto segue:
“In tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell’art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (institutio ex re certa) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni” (Cass. 25/10/2013, n. 24163, Rv. 628231; 1/03/2002, n. 3016, Rv. 552709).
Inoltre:
“Nell’interpretazione del testamento – onde tracciare il ridetto discrimen tra erede e legatario ai sensi della norma in rassegna – il giudice deve accertare, secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall’art. 1362 c.c., applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria, quale sia stata l’effettiva volontà del testatore comunque espressa, considerando congiuntamente, e in modo coordinato, l’elemento letterale e quello logico dell’atto unilaterale mortis causa, salvaguardando il rispetto, in materia, del principio di conservazione del testamento” (Cass. 14/10/2013, n. 23278, Rv. 628013; 14/01/2010, n. 468, Rv. 610814; 21/02/2007, n. 4022, Rv. 595401).
Ed ancora:
“Nell’interpretazione del testamento, da eseguire ex art. 1362 c.c., applicabile anche in materia successoria, deve aversi riguardo alla volontà espressa dal testatore nella scheda testamentaria, privilegiando gli elementi intrinseci della stessa, potendosi ricorrere ad elementi estrinseci solo in via sussidiaria, per risolvere parole o espressioni dubbie all’unico fine di ricostruire la effettiva intenzione del suo autore; rimane, invece, precluso all’interprete avvalersi di tali dati estrinseci per giungere al risultato di attribuire alla disposizione testamentaria un contenuto nuovo, in quanto non espresso nel testamento” (in tal senso, ex plurimis, Cass. civ. Sez. II Sent., 03/12/2010, n. 24637; Cass. civ. Sez. II Sent., 28/07/2015, n. 15931 Cass. civ. Sez. II Sent., 24/04/2018, n. 10075; Cass. civ. Sez. II, 12/03/2019, n. 7025).
In particolare, segnaliamo il decisum riprodotto nella sentenza Cass. 23 marzo 2006, n. 6531, afferente a fattispecie in cui “a chiare lettere” il testatore abbia istituito eredi, secondo cui: “in presenza di una scheda testamentaria con la quale il de cuius dispone <<lascio tutto quanto a me spetta per la cessazione del rapporto di lavoro con la società … … in favore dei miei genitori>>deve essere cassata la sentenza del giudice di merito che abbia interpretato il lascito in favore dei genitori come legato, trattandosi di una interpretazione non logica né coerente con le espressioni usate dal testatore che, appunto, designa i genitori espressamente come eredi”.