Si alla impugnabilità dell’estratto del ruolo, il mancato riscontro alla istanza in autotutela ex L. 228\2012, comporta dapprima la sospensione dell’azione esattiva e l’annullamento dei crediti

Avv. Giuseppe Mappa  


CTR Lazio 871\2022, depositata il 24.02.2022 , discussa il 15.02.2022


 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma xxxxxxxx impugnava cinque cartelle di pagamento riferite a crediti di natura tributaria, di cui il ricorrente sosteneva la mancata notifica e di averne avuto notizia attraverso un estratto di ruolo ricevuto il 7 marzo 2017; il ricorrente riferiva di avere presentato istanze di riesame e di autotutela l’1 dicembre 2015 nonché istanza ex l. 228 del 2012 e che non essendo pervenuta risposta da parte dell’Amministrazione nei 220 giorni previsti dalla legge, il debito doveva ritenersi interamente annullato. Il 14 aprile 2017 il xxxxx riferiva di avere già pagato la cartella n. xxxx00, notificata il 9 aprile 2015 e pagata il 28 novembre 2013, prima della formazione del ruolo e rilevando l’intervenuta prescrizione delle pretese portate dalle cartelle nn. xxxx00 e 09720040272268806000, xxxxx5000 notificata il 20 dicembre 2006 e xxxx000 notificata il 20 marzo 2015 per decorrenza del termine quinquennale, in adempimento di quanto stabilito dalle sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 23397 del 17 novembre 2016. Ove gli avvisi di accertamento fossero risultati notificati ritualmente nei termini di legge il ricorrente deduceva la decadenza e prescrizione delle pretese relative alle sanzioni. Inoltre lamentava l’eccessività dell’aggio richiesto dal concessionario della riscossione, applicato peraltro in misura percentuale in violazione di quanto disposto dalla Corte Costituzionale e dichiarato illegittimo per violazione della normativa comunitaria (art. 107 TFUE) in materia di aiuti allo Stato. Infine il ricorrente deduceva la nullità delle cartelle per mancanza di motivazione e omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi e la nullità delle stesse, perché il concessionario della riscossione aveva omesso di verificare l’effettiva sussistenza dei crediti; chiedeva pertanto l’annullamento dei ruoli e delle cartelle impugnati, con sospensione dell’esecuzione e vittoria di spese.

L’Agenzia delle Entrate- Riscossione non si costituiva.
Con la sentenza 28 marzo 2018 n. 7073 la Commissione provinciale rilevata preliminarmente che la giurisprudenza di legittimità, ha affermato che “Il ruolo, atto interno dell’Amministrazione, costituisce lo strumento fondamentale della riscossione, in quanto contenente l’indicazione del periodo d’imposta, cui l’iscrizione si riferisce, dell’imponibile, dei versamenti e dell’imposta effettivamente dovuta, oltre che degli interessi e delle sanzioni pecuniarie eventualmente irrogabili, sicché la sua formazione è determinante per l’instaurazione del rapporto di riscossione, mentre la notificazione della cartella esattoriale costituisce solo lo strumento mediante il quale la pretesa tributaria viene portata a conoscenza del debitore d’imposta. Ne consegue che, nel caso in cui il dipendente addetto all’ufficio abbia consegnato al contribuente copia dell’estratto del ruolo, questi è legittimato alla sua impugnazione, essendo il ruolo l’unico valido e legittimo titolo per la riscossione dei tributi. (Cass., sez. VI-V, ord. n. 2248 del3 febbraio 2014, rv. 629731).
Il ricorrente ha inoltre documentato di avere presentato istanze di riesame e di autotutela l’1 dicembre 2015 – anche per l’avvenuto pagamento di una delle cartelle, quella del 2015 – nonché istanza ex l. 228 del 2012 e che non essendo pervenuta risposta da parte dell’Amministrazione nei 220 giorni previsti dalla legge, il debito deve ritenersi interamente annullato.
La mancata costituzione della controparte non ha permesso di verificare l’eventuale sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento delle ragioni del ricorrente. Ne deriva che il ricorso deve essere accolto e le pretese tributarie sottostanti alle cartelle di pagamento oggetto di impugnazione devono essere annullate, essendo stata pagata la cartella n. xxxxx ed essendo stata presentata istanza ex l. 228 del 2012 per le cartelle nn. 0xxxx2000, 09xxxxx6000, 09xxxxx000 e 09720xxx00. Le spese del giudizio, liquidate in euro 2000,00, oltre accessori incombevano
all’ Agenzia delle Entrate-Riscossione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con appello a questa Commissione regionale notificato il 15 ottobre 2018 l’Agenzia delle Entrate-Riscossione impugnava la sentenza e deduceva le seguenti censure:
1 Parziale difetto di giurisdizione quanto la cartella n. 0xxx00, in quanto relativa a crediti previdenziali.
2. Inammissibilità del ricorso di primo grado in quanto tardivo, perché notificato l’8 aprile 2017 avverso l’estratto di ruolo conosciuto già l’1 dicembre 2015.
3. Inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa vocatio in ius degli enti impositori – omessa pronuncia.
4. Violazione dell’art. 23 d. lgs. 546 del 1992, legittimità della procedura di riscossione, corretta notifica delle cartelle di pagamento sottese.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.
xxxx si è costituito in giudizio, sostenendo la nullità della procura in quanto conferita ad avvocato del libero foro, l’inesistenza della delega al difensore dell’Agenzia perché rilasciato da funzionario senza poteri, l’irrilevanza dell’eccezione di difetto di giurisdizione e l’infondatezza dell’impugnativa in materia di tardività, la non corretta notifica delle cartelle di pagamento, relativa prescrizione e quindi l’inesigibilità della cartella n. xxxxx per avvenuto pagamento.
All’udienza del 15 febbraio 2022 la causa è passata in decisione.
Si può prescindere dalle eccezioni di inammissibilità sollevate dall’appellato in quanto l’appello è infondato.
In primo luogo il primo motivo appare del tutto irrilevante, poiché la cartella n. xxxxx al di là dei crediti sottostanti, reca un importo pari ad €. 0,00.
Quindi la questione di giurisdizione non ha alcun seguito nella controversia in esame.
Destituito di fondamento è il terzo motivo che si esamina in precedenza per ragioni di ordine logico.
Il ricorso introduttivo ha investito esclusivamente atti della riscossione, nei quali per principi generali di diritto tributario e per pacifica giurisprudenza, gli enti impositori non sono parte in causa e di conseguenza non dovevano essere notificari di alcunché.
Quanto al secondo motivo, inammissibilità del ricorso di primo grado in quanto tardivo, perché notificato l’8 aprile 2017 avverso l’estratto di ruolo conosciuto già l’1 dicembre 2015, nucleo essenziale della controversia, si osserva quanto segue.
Assume in sintesi l’appellante Agenzia delle entrate – Riscossione che contribuente l’estratto di ruolo relativo alle cartelle di pagamento nn. xxxx00, xxx00,097xxx00, 09720140291954288000 e 0xxx2000, ricevuto il 7 marzo 2017 con ricorso consegnato per la notifica l’8 aprile 2017, mentre il 1 dicembre 2015 aveva agito in autotutela per eccepire l’intervenuta decadenza e prescrizione delle somme richieste con le medesime cartelle di pagamento, fatta salva la n. xxx2000, perché già pagata: l’azione in autotutela non avrebbe sospeso i termini per l’azione e l’estratto di ruolo era sì impugnabile, ma nei termini e sempre nel rispetto dell’impugnazione tempestiva delle cartelle se prima notificate così come sostenuto dall’appellante.
Il motivo infondato per le ragioni che seguono.
Il xxxx ha presentato istanza di riesame e di autotutela il 1 dicembre 2015 per le cartelle prima indicate, oltre a rappresentare di aver pagato quanto richiesto con la n. xxx00: la sua istanza è stata presentata ex art. 1 comma 537 della l. 24 dicembre 2012 n. 228, per il quale “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti e le società incaricate per la riscossione dei tributi, di seguito denominati «concessionari per la riscossione», sono tenuti a sospendere immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate, su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore, limitatamente alle partite relative agli atti espressamente indicati dal debitore, effettuata ai sensi del comma 538”.
Ora, ai sensi del successivo comma 540 “In caso di mancato invio, da parte dell’ente creditore, della comunicazione prevista dal comma 539 e di mancata trasmissione dei conseguenti flussi informativi al concessionario della riscossione, trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite di cui al comma 537 sono annullate di diritto e quest’ultimo è considerato automaticamente discaricato dei relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore i corrispondenti importi. L’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli elencati al comma 538 ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito”.
Nel caso dell’appellato l’ente creditore, nel caso l’Agenzia dell’entrate – Riscossione non ha dato alcun seguito nel termine di legge 220 giorni e quindi le cartelle, ai sensi delle norme sopraindicate, dovevano intendersi dapprima sospese e quindi annullate ex lege per il decorrere del tempo così come affermato dal giudice di primo grado.
La vicenda appare del tutto evidente e dunque non si possono fare questioni di tardività del ricorso introduttivo e ogni altra censura resta assorbita dai rilievi finora svolti.
Per le considerazioni finora esposte l’appello deve essere respinto.
Sussistono comunque le ragioni per compensare tra le parti le spese di causa.


P.Q.M.


La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez.8^, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 febbraio 2022.

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