In quest’articolo parliamo del primo passo da compiere quando il conduttore (inquilino) del nostro appartamento o del nostro locale commerciale non provvedere al regolare pagamento dei canoni di locazione pattuiti da contratto.
Come noto, la legge prevede che, in siffatte ipotesi, il proprietario locatore possa intraprendere il procedimento di sfratto per morosità dinanzi al Giudice.
È evidente che, prima dell’introduzione di un simile giudizio civile, l’inquilino possa decidere di provvedere per tempo al pagamento della morosità, regolarizzando in tal modo la propria posizione contrattuale.
Per tali ragioni, quando ci si rivolge all’avvocato per l’assistenza in tali circostanze, quest’ultimo raramente procedere, in prima istanza, ad intraprendere da subito la via “giudiziale” dello sfratto per morosità.
Al contrario, il più delle volte, il professionista provvede saggiamente a redigere un atto di diffida e messa in mora da notificare al conduttore moroso.
Tale atto consente al proprietario dell’immobile, per il tramite del proprio avvocato, di invitare “bonariamente” il proprio inquilino ad un ravvedimento e alla conseguente regolarizzazione del proprio debito.
Il tutto ovviamente al fine di evitare l’introduzione della causa in Tribunale.
Ciò detto, prima di chiarire quali siano gli effetti e i benefici di una diffida, riportiamo alla memoria alcuni punti chiave della questione.
1. Cos’è lo sfratto per morosità?
Lo sfratto per morosità è un procedimento “sommario” speciale.
Esso si definisce tale in quando è caratterizzato da un certa velocità di avanzamento rispetto ai procedimenti “ordinari” definiti a cognizione piena.
Tale procedura consente, infatti, al proprietario dell’immobile di tornare in possesso del proprio appartamento o del proprio locale commerciale in tempi notevolmente più brevi rispetto ad un rito ordinario.
La norma che disciplina lo sfratto per morosità è l’art. 658, comma 1 del codice di procedura civile.
Secondo tale articolo “Il locatore può intimare al conduttore lo sfratto in caso di mancato pagamento del canone d’affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti”.
Come si può ben evincere dalla lettura della norma, la caratteristica dello sfratto per morosità, è quella di consentire al proprietario, che agisce in giudizio, di richiedere nello stesso momento sia il rilascio dell’immobile occupato, sia l’ingiunzione di pagamento da parte del giudice nei confronti dell’inquilino.
Si precisa che l’ingiunzione di pagamento sarà relativa a tutti i canoni di locazione scaduti e a quelli che scadranno fino all’effettiva liberazione dell’immobile da parte dell’inquilino, oltre interessi e le spese legali.
L’emissione di tale decreto ingiuntivo è infatti disciplinata dall’art. 664 c.p.c. il quale testualmente recita: “nel caso previsto nell’articolo 658, il giudice adito pronuncia separato decreto di ingiunzione per l’ammontare dei canoni scaduti e da scadere fino all’esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all’intimazione. Il decreto è steso in calce ad una copia dell’atto di intimazione presentata dall’istante, da conservarsi in cancelleria. Il decreto è immediatamente esecutivo, ma contro di esso può essere proposta opposizione a norma del capo precedente. L’opposizione non toglie efficacia all’avvenuta risoluzione del contratto”.
È importantissimo tenere a mente che, nell’ambito della procedura di sfratto per morosità, la richiesta di rilascio dell’immobile presentata dal legittimo proprietario al Giudice competente, non è necessariamente legata alla richiesta di un decreto ingiuntivo a carico del conduttore moroso.
Infatti, nella pratica, prima di procedere ad una “contestuale” richiesta di rilascio dell’immobile occupato e di emissione di un decreto ingiuntivo, si rende oltremodo necessario procedere ad opportuni accertamenti in ordine all’effettiva “solvibilità” del conduttore.
Ciò in quanto potrebbe benissimo capitare che, una volta fatta la richiesta di rilascio dell’immobile e di contestuale emissione di un decreto ingiuntivo, si scopre successivamente con sommo stupore che in realtà l’inquilino risulta nullatenente.
Per di più, in una simile ipotesi, si sarebbe comunque costretti a pagare le spese di registrazione del decreto ingiuntivo ormai emesso senza aver recuperato alcunché.
Alla luce quanto detto, allora, il miglior suggerimento è quello di procedere ad una preventiva indagine patrimoniale sulla persona dell’inquilino.
In tal modo si riesce a valutare in anticipo se quest’ultimo risulti proprietario di immobili, di mezzi di trasporto (auto, moto), oppure se sia titolare di qualche conto corrente bancario o postale.
2. La diffida è davvero necessaria?
Veniamo ora al punto della questione, ovvero al primo passo da compiere nel momento in cui ci si rende conto che, malgrado ogni sollecito, il conduttore non intende pagare i canoni di locazione scaduti.
In questi casi, come sopra accennato, un professionista scrupoloso non provvedere all’immediato inizio di una procedura di sfratto per morosità in tribunale.
Diversamente, lo stesso provvederà a redigere un atto di diffida e costituzione in mora, con l’ausilio di tutta la documentazione ricevuta dal proprietario in difficoltà e delle informazioni da quest’ultimo fornite.
Tale comunicazione rappresenta in molte occasioni un utile strumento per la definizione, in via bonaria, della lite che sta insorgendo con l’inquilino.
Quest’ultimo, infatti, onde scongiurare le conseguenze legali ed economiche derivanti da un processo di sfratto per morosità, a seguito della ricezione di una diffida e costituzione in mora, potrebbe essere spinto a provvedere al pagamento della debitoria cumulatasi.
Tale diffida, la cui scrittura è un adempimento da affidare ad un avvocato, rappresenta un atto formale da notificare al conduttore moroso anche a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento.
Nonostante le molteplici modalità di notifica a disposizione, si consiglia sempre di utilizzare il mezzo che consenta al mittente di avere prova della ricezione dell’atto da parte dell’inquilino.
La diffida andrà poi sottoscritta sia dal locatore sia dall’avvocato difensore.
Molto spesso si cade, infatti, nell’errore di far firmare l’atto solo dall’avvocato con pericolose conseguenze in ordine alla validità ed all’efficacia legale e processuale dell’atto medesimo.
A fronte di quanto fino ad ora detto, appare comunque doveroso precisare che, in ogni caso, la legge non prevede che la messa in mora debba essere obbligatoriamente notificata all’inquilino moroso.
È sempre possibile infatti per il proprietario scegliere di rivolgersi direttamente al tribunale ed intraprendere da subito il procedimento di sfratto per morosità.
In altri termini, l’invio di una diffida da parte dell’avvocato o da parte del proprietario locatore non rappresenta un adempimento necessario ed imprescindibile per l’avvio del procedimento giudiziale sopra indicato.
3. Quindi perché fare la diffida?
In primo luogo, non sempre il mancato pagamento dei canoni di locazione rappresenta il frutto di una volontà del conduttore moroso.
Molto più spesso infatti quest’ultimo non riesce a provvedere al regolare pagamento delle mensilità della locazione semplicemente in quanto si trovi in una temporanea impossibilità finanziaria.
In tali occasioni quindi non sempre è interesse del proprietario provvedere all’immediato sgombero del proprio immobile, considerati magari gli ottimi rapporti ancora esistenti con l’inquilino.
Sotto il profilo legale, invece, la diffida e la contestuale costituzione in mora consentono al proprietario di maturare gli interessi sui canoni scaduti.
Sotto altro aspetto, la diffida (che si ricorda dovrà concedere all’inquilino un termine non inferiore a 15 giorni per l’adempimento) consente al proprietario, ignaro delle ragion del mancato pagamento, di sondare il terreno e comprendere le reali motivazioni che si pongono alla base dell’inadempimento da parte del conduttore moroso.
Come si può ben capire la conoscenza di tali circostanze potrebbe essere l’ago della bilancia per l’inizio o meno di un processo di sfratto per morosità.
Si pensi al caso in cui l’inquilino, a seguito della ricevuta notifica della diffida, comunichi al proprietario che si trova in un grave stato di insufficienza economica.
Infine, ancor più importante è l’effetto giudiziale che una diffida può produrre.
Infatti, nel caso in cui si fosse costretti ad adire le vie giudiziali, l’esibizione al Giudice di una diffida rimasta inevasa da parte del conduttore moroso, sarà molto utile per formare il convincimento del Giudice stesso sulla necessità di sgomberare rapidamente l’immobile.