Quando l’appello è inammissibile per violazione dell’art. 342 c.p.c.

Avv. Giuseppe Corvino 


Con la Sentenza n. 1015/2021, la Corte d’Appello di Napoli delinea i profili di inammissibilità del gravame. In particolare, la Corte precisa che l’appello – secondo il nuovo art. 342 c.p.c.-  deve essere motivato.

La motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità:

  1. l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;
  2. l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

In definitiva, per effetto della novella, bisogna indicare nell’atto di appello esattamente quali parti del provvedimento impugnato si intendono sottoporre a  riesame e, per tali parti, indicare quali modifiche si richiedono rispetto a quanto ha formato oggetto della ricostruzione del fatto compiuta dal primo giudice.

Va nondimeno chiarito, al fine di evitare di ricadere in pronunce di tipo esclusivamente formalistico, che occorre che il giudice verifichi in concreto il rispetto della norma.

In particolare, secondo quanto di recente chiarito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. SU 16 novembre 2017 n. 27199), il cui orientamento è stato successivamente condiviso da altre pronunce (ex multis: Cass. 30 maggio 2018 n. 13535), gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.

Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Napoli, Seconda sezione civile, composta dai magistrati:

dott. Sergio XX dott.ssa XXX  dott.ssa xxxx

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado d’appello iscritta al n. ______ del ruolo generale dell’anno 2015, avente ad oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di S. Maria C.V. n______ depositata il 25.2.20215 vertente

TRA

XXXXXX, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti xxxxxxxxxxx con i quali è elett.te dom.to

Appellante

CONTRO

xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx) , rapp.ta e difesa dall’avv. Giuseppe Corvino con cui elettivamente domicilia in xxxxxxxxxxx presso lo studio dell’avv. xxxxx; indirizzo pec per comunicazioni xx.it e numero fax 0xx2

                                                                                                                                 appellata

Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo

Conclusioni: come da atti e verbali di causa.

FATTO

  1. Con sentenza n xxx depositata il 25.2.2015 il Tribunale di S. Maria C.V. , previa riunione dei giudizi iscritti ai xxxxxxxxx, rigettava le opposizioni proposte da xx xx avverso il decreto ingiuntivo n. e il decreto ingiuntivo n. emessi dal medesimo tribunale con cui, rispettivamente, era stato ingiunto al predetto, ad istanza della locatrice xxxxxxxxxx, il pagamento di euro xxx  e di euro xxx per rimborso oneri condominiali relativi all’immobile concessogli in locazione; condannava, altresì, l’opponente oltre al pagamento delle spese processuali anche al pagamento in favore dell’opposta dell’ulteriore somma di euro xxx a titolo di responsabilità aggravata ex art. 96 terzo comma cpc.
  2. Avverso tale decisione ha proposto appello xxxxxxxxx chiedendo, sulla base dei motivi di seguito esposti, in riforma integrale della sentenza impugnata, l’accoglimento delle opposizioni e la revoca dei decreti ingiuntivi opposti nonché l’annullamento della condanna per lite temeraria. 3
  3. Si è costituita l’appellata eccependo l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 cpc e nel merito chiedendone il rigetto per totale infondatezza.
  4. E’ stato acquisito il fascicolo d’ufficio del primo grado, non è stata svolta attività istruttoria. La causa è stata riservata in decisione allo spirare dei termini di cui all’art. 190 cpc assegnati a seguito di trattazione scritta della causa con ordinanza riservata depositata il 29.10.2020.

DIRITTO

L’appello è inammissibile per violazione dell’art. 342 cpc.

Va premesso che l’appello in esame è regolato dal nuovo regime delineato dagli artt. 342, 345, 348bis, 348ter, 383, 434, 436bis, 447bis e 702 c.p.c., come modificati, ovvero introdotti, sia dall’art. 54 D.L. n.83 del 2012, sia dalla legge di conversione n. 134 del 2012, in vigore dall’11 settembre 2012, applicabile ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione da quella data come, per l’appunto, nel caso in esame.

In particolare, il nuovo art. 342 c.p.c. prevede che l’appello deve essere motivato. La motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

In definitiva, per effetto della novella, bisogna indicare nell’atto di appello esattamente quali parti del provvedimento impugnato si intendono sottoporre a  riesame e, per tali parti, indicare quali modifiche si richiedono rispetto a quanto ha formato oggetto della ricostruzione del fatto compiuta dal primo giudice.

Va nondimeno chiarito, al fine di evitare di ricadere in pronunce di tipo esclusivamente formalistico, che occorre che il giudice verifichi in concreto il rispetto della norma.

In particolare, secondo quanto di recente chiarito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. SU 16 novembre 2017 n. 27199), il cui orientamento è stato successivamente condiviso da altre pronunce (ex multis: Cass. 30 maggio 2018 n. 13535), gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.

Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado.

Tale orientamento, invero, era stato affermato anche nel previgente regime normativo da numerose pronunce della Suprema Corte che, con diversità di accenti, avevano posto in luce che l’appello è una revisio prioris instantiae e non un novum iudicium, e che la necessità dell’indicazione, da parte dell’appellante, delle argomentazioni da contrapporre a quelle contenute nella sentenza di primo grado serve proprio ad incanalare entro precisi confini il compito del giudice  dell’impugnazione, consentendo di comprendere con certezza il contenuto delle censure; con la conseguenza che la mancanza di specificità conduce all’inammissibilità dell’appello (sentenze 21 gennaio 2004, n. 967).

Tutto questo, però, senza inutili formalismi e senza richiedere all’appellante il rispetto di particolari forme sacramentali (ex multis: Cass. 31 maggio 2006, n. 12984, 18 aprile 2007, n. 9244, 17 dicembre 2010, n. 25588, 23 ottobre 2014, n. 22502, 27 settembre 2016, n. 18932, e 23 febbraio 2017, n. 4695; tali principi hanno trovato conferma anche nelle sentenze delle Sezioni Unite 25 novembre 2008, n. 28057, e 9 novembre 2011, n. 23299; sentenza 30 luglio 2001, n. 10401).

Sulla scorta dei rilievi che precedono, nessuno dei motivi di impugnazione supera il vaglio di ammissibilità ex art. 342 cpc.

Invero, il primo motivo, con cui il xxxxxx lamenta la violazione di legge in quanto non ricorrerebbero i requisiti ex art. 633 cpc per l’emissione del decreto ingiuntivo e sostiene che, trattandosi di oneri condominiali, la procedura da seguire era quella speciale dell’art. 63 disp. att c.c. alla quale era legittimato l’amministratore di condominio nei confronti del condomino e non anche il locatore nei confronti del conduttore, è argomento difensivo ripetitivo del motivo sub b) dell’opposizione, che il tribunale ha disatteso sulla base delle condivisibili ragioni svolte al punto 2) pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata, qui da intendersi riportate, rispetto alle quali l’impugnante non ha contrapposto argomentazioni volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime.

Trattasi, pertanto, dell’esposizione di tesi giuridiche non miranti a demolire il contenuto della prima decisione mancando una parte argomentativa che contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.

Lo stesso dicasi in relazione al secondo motivo di gravame con cui l’appellante contesta, come già in primo grado, la veridicità della documentazione scritta prodotta dalla xxxx a supporto delle istanze monitorie e asserisce, pertanto, che mancherebbe la prova scritta per l’emissione dei decreti ingiuntivi anche in relazione agli importi richiesti.

A tale contestazione, già oggetto di opposizione, il tribunale ha fornito ampia risposta con gli argomenti sviluppati a pag. 4 righi da 20 a 28 della sentenza impugnata, qui da intendersi riportati, che non risultano in appello specificamente contrastati con ragioni volte ad inficiarne la fondatezza.

Risulta, poi, del tutto irrilevante il terzo motivo di appello con cui si lamenta il vizio di ultra petizione laddove il tribunale aveva concesso, senza istanza, la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo n. 289/12 e ciò in quanto al provvedimento monitorio si è sostituita la sentenza di primo grado qui impugnata che, respingendo l’opposizione, comporta quale suo effetto l’esecutività dell’ingiunzione di pagamento, rendendo inutile disquisire ancora su provvedimenti di concessione della provvisoria esecutività in origine emessi.

Infine, risulta del tutto generico l’ultimo motivo di gravame con cui l’appellante, in ordine alla condanna ex art. 96 comma 3 cpc, fondata sull’amplia motivazione sviluppata alle pagg. 5 e 6 della gravata sentenza ( qui da intendersi riportate) si limita apoditticamente a dolersi che “il giudicante di primo grado ha tenuto un comportamento repressivo e discriminatorio e contra legem “.

Sulla scorta di quanto precede, l’appello va dichiarato del tutto inammissibile.

A tale pronuncia consegue la condanna dell’appellante alle spese del grado liquidate come in dispositivo sulla base parametrica degli importi di cui al Dm 37/18 tenuto conto del valore della e dell’attività difensiva svolta ( fase di studio, introduttiva e decisoria).

Ricorrono, altresì, i presupposti, in ragione della declaratoria di inammissibilità del gravame, proposto dopo il 30.1.2013, per l’applicazione a carico dell’appellante dell’art. 13 comma 1 quater dpr 115 del 2002.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Napoli – seconda sezione civile, definitivamente pronunziando sull’appello proposto da xxxxx così provvede:

1) dichiara inammissibile l’appello per violazione dell’art. 342 cpc;

2) condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado in favore dell’appellata che liquida in complessivi euro xxxxxx oltre spese generali, iva e cpa come per legge;

3) dà atto che ricorrono i presupposti per l’applicazione a carico dell’appellante dell’art. 13 comma 1 quater dpr 115 del 2002

Così deciso in Napoli, li 10.3.2021

Il Consigliere estensore Il Presidente

Dott.ssa xxxxx

 

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