Avv. Mario Caliendo
La Motorizzazione Civile di Caserta rilasciava nel 2003 al ricorrente la patente di guida, cat b, che, però, successivamente con provvedimento dell’UTG di Caserta e sulla base dell’art. 120 del nuovo codice della strada, gli revocava: “.. in quanto è stata irrogata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, ai sensi della Legge 27.12.1956 n. 1423 …..”. In particolare, la revoca della patente di guida emessa dalla Prefettura di Caserta a carico del ricorrente si giustificava sulla scorta della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della PS con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. emessa dal Tribunale di SMCV con decreto n. 41/2015 pronunciato in data 12.11.2014.
Il 30.11.2018, l’attuale ricorrente terminava definitivamente il periodo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della PS con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
A questo punto sulla scorta del proscioglimento dai vincoli derivanti dalla misura di prevenzione, ed elassi anche ulteriori 3 anni dal proscioglimento, in applicazione dell’art. 120 del c.d.s., il ricorrente presentava alla Motorizzazione Civile di Caserta domanda per il conseguimento di un nuovo titolo di guida.
Contestualmente, la Motorizzazione Civile di Caserta prima di procedere all’esame della domanda presentata dal sig. De Martino richiedeva alla Prefettura di Caserta il nulla osta propedeutico al rilascio di un nuovo documento di guida.
Solo dopo la verificazione della insussistenza di motivi ostativi, la Motorizzazione ha permesso al ricorrente di iscriversi per ottenere il nuovo titolo abilitativo alla guida.
Tuttavia, all’atto del rilascio e prima di espletare la prova pratica, la Motorizzazione ha adottato il provvedimento di diniego al rilascio del titolo abilitativo alla guida rappresentando che “…considerato che la Prefettura, in base alla documentazione in suo possesso relativa al sig. De Martino Luigi… ha inserito nel sistema Informativo del Dipartimento dei trasporti un ostativo al rilascio allo stesso…”
In disparte l’evidente/lampante difetto di motivazione, i provvedimenti impugnati appaiono sforniti di presupposti anche perché l’attuale ricorrente dopo aver scontato il periodo di sorveglianza speciale risulta totalmente reinserito nel tessuto sociale, lavora regolarmente e peraltro sono passati oltre 4 anni dal proscioglimento, laddove, l’art. 120 cds prescrive un divieto di conseguire un nuovo titolo di guida per 3 anni.
E’ appena il caso di precisare che la revoca della patente come conseguenza dell’applicazione di misure di prevenzione è disciplinato dall’articolo 120 c.d.s. sia in relazione ai presupposti per l’emissione che alle conseguenze ed ai divieti da imporsi ai soggetti.
Di qui, in relazione alla richiesta di nulla osta presentata dalla Motorizzazione Civile di Caserta, la Prefettura di Caserta avrebbe dovuto far riferimento esclusivamente alle previsioni di cui all’articolo 120 del c.d.s..
L’articolo 120 del codice della strada prescrive testualmente che: 1. Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui all’articolo 2, e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonché i soggetti destinatari dei divieti di cui agli articoli 75, comma 1, lettera a), e 75-bis, comma 1, lettera f, del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per tutta la durata dei predetti divieti. Non possono di nuovo conseguire la patente di guida le persone a cui sia applicata per la seconda volta, con sentenza di condanna per il reato di cui al terzo periodo del comma 2 dell’articolo 222, la revoca della patente ai sensi del quarto periodo del medesimo comma. (2) 2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 75, comma 1,lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. La revoca non può essere disposta se sono trascorsi più di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1. (2) 3. La persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni…”.
L’articolo 120 del c.d.s., in estrema sintesi, e per il caso che ci occupa, prescrive che: 1. Non possono conseguire la patente di guida i soggetti che sono sottoposti a misure di prevenzione; 2. Il Prefetto è tenuto a revocare la patente di guida a carico dei soggetti che abbiano subito misure di prevenzione successivamente al rilascio della patente; 3. Il soggetto destinatario del provvedimento di revoca, di cui al punto 2, non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni.
Orbene, il ricorrente è incappato in un diniego della Prefettura posti fuori l’alveo delle previsioni dell’art. 120 c.d.s. poichè erano elassi più di tre anni dal proscioglimento dalla misura di prevenzione.
Difatti, l’articolo 120 del c.d.s., in relazione alle misure di prevenzione, disciplina per il caso in cui non è possibile conseguire la patente di guida, per il caso in cui la patente deve essere revocata ed infine il divieto di conseguimento prima che siano trascorsi almeno tre anni dal provvedimento di revoca della patente.
Ne consegue lampante l’erroneità in cui è incorsa la Prefettura di Caserta che avrebbe dovuto, necessariamente, far riferimento all’articolo 120 ed alle prescrizioni in esse previste e siccome sono passati oltre 3 anni dal proscioglimento dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale doveva rilasciare necessariamente il nulla osta ad ottenere il titolo abilitativo alla guida.
Ma vi è più.
Applicando l’articolo 120 ed in particolare le previsioni di cui ai commi 2 e 3 dello stesso articolo, la Prefettura di Caserta doveva necessariamente rilasciare il nulla osta richiesto dalla Motorizzazione Civile di Caserta.
Difatti, il divieto, di cui al comma 3 dell’articolo 120, di conseguimento di un nuovo titolo abilitativo si estende ad un massimo di tre anni (“…3. La persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni…”).
Orbene, la Prefettura di Caserta aveva disposto, ex articolo 120 comma 2, a carico del sig. De Martino la revoca della patente di guida nel 2014 ed il divieto normativamente prescritto è elasso nel 2017, stante la chiara ed univoca previsione di cui al comma 3 dell’articolo 120 del c.d.s.. Non solo. Volendo anche far decorrere i tre anni dal definitivo proscioglimento dalla misura di prevenzione sono, comunque, elassi poiché il proscioglimento dalla misura di prevenzione risale al 2018.
Il TAR di Napoli in particolare ha evidenziato che “… Sul punto, va richiamata la fondamentale distinzione tra colui che domandi il conseguimento della patente di guida della categoria richiesta, una volta raggiunti i requisiti previsti (articoli 115,116,119,120, comma 1, 121 del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285) e colui che, successivamente, perda il solo requisito morale (articolo 120, comma 2, del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285).
In primo luogo, il rilascio della patente di guida costituisce un diritto correlato alla verificazione da parte dei preposti uffici del possesso in capo al soggetto istante dei requisiti morali, di salute psico-fisica e di capacità tecnica alla guida, come previsti dal codice della strada.
Riscontrati cioè ex ante i predetti tre requisiti, attraverso la disamina dei documenti amministrativi, apposita visita medico-legale e prove d’esame teorico-pratiche, è conseguito il titolo abilitativo alla guida, a seconda della classe di veicoli per cui è stato richiesto, e ne è così acclarata positivamente la capacità tecnica (abilitazione alla guida).
In secondo luogo, deve considerarsi come sia diversa la situazione che si configura nel caso di commissione di taluni specifici reati, o di intervenuta dichiarazione di delinquenza (abituale, professionale o per tendenza) o di applicazione di misure di sicurezza, o di sottoposizione a misure di prevenzione. Tali vicende hanno, per contro, la conseguenza di incidere ex post sul profilo dei requisiti morali, comprimendone dunque il pieno possesso.
In tale ultimo caso, infatti, ricorre un sicuro esercizio dei poteri discrezionali del Prefetto, attribuiti dalla legge, nell’interesse pubblico alla prevenzione dei reati, correlato alla verifica della permanenza dei requisiti morali. La competenza è stata ascritta dalla legge all’autorità amministrativa prefettizia. Nella materia, non v’è alcuna competenza dell’autorità giudiziaria, neppure sotto il profilo della necessità di ottenere una preventiva riabilitazione.
Dunque, solo per il primo rilascio del titolo abilitativo, il legislatore del codice della strada ha inteso richiedere il possesso della pienezza dei requisiti morali, talché il soggetto deve possederli ab origine, oppure deve conseguirli accedendo al beneficio della riabilitazione (penale e/o di prevenzione).
In tema, va ancora chiarito che l’art. 178 del codice penale prevede la riabilitazione (concessa dal tribunale di sorveglianza, su richiesta dell’interessato, ai sensi dell’art. 683 del codice di procedura penale) quale misura generale di sanatoria che determina l’estinzione delle pene accessorie e di ogni altro effetto penale derivante dalla condanna. Inoltre, l’art. 70 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 contempla la riabilitazione (concessa dalla corte di appello, sempre su richiesta dell’interessato) come misura speciale di sanatoria che comporta la cessazione degli effetti pregiudizievoli e degli effetti preclusivi (art. 67 del decreto legislativo n. 159 citato) derivanti dall’applicazione delle misure di prevenzione.
Successivamente, ovverosia durante la validità dell’abilitazione alla guida, laddove subentrino condanne penali per specifici reati, la dichiarazione di delinquenza (abituale, professionale o per tendenza), l’applicazione di misure di sicurezza, o la sottoposizione a misure di prevenzione, la patente “può” essere revocata dall’autorità prefettizia, nell’esercizio di peculiari poteri discrezionali riconosciuti nella sostanza quale autorità di P.S. (art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e Corte costituzionale, sentenze 9 febbraio 2018 n. 22, 20 febbraio 2020 n. 24, 27 maggio 2020n. 99).
Infatti, la commissione di taluni fatti delittuosi o la sussistenza di indizi di comportamenti antisociali, con richiamo alla peculiarità della “circolazione stradale”, per come ponderati dall’autorità prefettizia nella propria funzione di prevenzione, possono comportare la perdita dei predetti requisiti morali, cui si correla l’interesse legittimo ad un corretto apprezzamento, sia in sede di atto di revoca sia in sede di rilascio del nulla-osta, decorso il tempo impeditivo al riacquisto di una nuova patente.
Più specificamente, mentre l’art. 120 del codice della strada (più volte modificato e integrato), sotto la rubrica “Requisiti morali […]”, al comma 1, elenca i fattori che determinano la perdita dei requisiti morali per poter conseguire la patente di guida, tra i quali, per quanto riguarda il caso di specie, v’è la condizione di “coloro che sono o sono stati sottoposti […] alle misure di prevenzione […]”, l’art. 120 del codice della strada, al comma 2, specifica che “se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida”. La Corte costituzionale, con le sentenze 9 febbraio 2018 n. 22, 20 febbraio 2020 n. 24, 27 maggio 2020n. 99 ha censurato come illegittima la predetta disposizione, nella misura in cui prevedeva un automatismo tra la constatazione del fattore ritenuto ostativo dalla norma e il diniego del titolo abilitativo alla guida (patente) in astratto.
Ciò in quanto la disposizione, nel testo originario, precludeva all’autorità prefettizia di poter valutare motivatamente in concreto la sussistenza degli elementi ostativi al rilascio o tal da importare la revoca della patente, in correlazione con la varietà delle situazioni, che ben possono venire in evidenza.
Difatti, potendo simili provvedimenti restrittivi riguardare soggetti condannati o solo indiziati di fatti di diversa gravità e valenza delittuosa, essi richiedono un apprezzamento discrezionale in concreto sull’utilizzazione del titolo abilitativo alla condotta di veicoli, anche in ragione della circostanza per la quale la patente di guida può ben contribuire al reinserimento sociale, permettendo o facilitando lo svolgimento di un’attività lavorativa.
Pertanto, il dato testuale dell’art. 120, comma 2, del codice della strada non esige expressis verbis la riabilitazione nella fattispecie in discussione, che, peraltro, specie quanto alle misure di prevenzione, ben potrebbe non essere richiesta dal soggetto già sottopostovisi.
Ciò in quanto in ipotesi non interessato alla cessazione degli effetti preclusivi di cui all’art. 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 (impedimento al rilascio di licenze e autorizzazioni di P.S., concessioni demaniali, appalti di lavori e forniture, autorizzazioni allo svolgimento di attività imprenditoriali e commerciali, licenze alla detenzione o porto d’armi) oppure perché persistano altre cause ostative, tali da non rendere ancora conseguibile la concessione della riabilitazione.
La fruizione della patente di guida invece può ex se inserirsi in un percorso rieducativo, volto semmai a rendere effettiva l’occupazione lavorativa subordinata, laddove non ostino altre considerazioni.
Sono, all’evidenza, tutte valutazioni, quelle relative alla revoca e al nulla-osta al conseguimento di una nuova patente, che l’autorità prefettizia svolge nell’esplicazione della propria e tipica primigenia funzione di prevenzione di P.S. Ai sensi dell’art. 1 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) infatti l’autorità di P.S. “veglia al mantenimento dell’ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà; cura l’osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, nonché delle ordinanze delle autorità; presta soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni”.
Segnatamente, con peculiare riferimento all’applicazione delle misure di prevenzione – concernente invero la fattispecie in trattazione – la Corte costituzionale nella sentenza del 27 maggio 2020 n. 99 ha sottolineato l’importanza di una verifica puntuale della necessità o dell’opportunità della revoca della patente di guida in via amministrativa, a fronte della specifica misura di prevenzione, cui nel caso concreto sia stato sottoposto il suo titolare, anche al fine di non contraddire l’eventuale finalità, di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga.
Sul punto, il codice della strada prevede che, decorso un certo lasso di tempo dall’intervenuta revoca della patente di guida, il soggetto interessato, al pari di quanto avvenuto nell’odierna fattispecie, possa chiedere il rilascio di un nuovo titolo (art. 120, comma 3, del codice della strada).
Il testo di legge, a tal proposito, non richiede espressamente il rilascio della riabilitazione, bensì indica direttamente, quale elemento-chiave, il lasso di tempo ostativo al rilascio, ossia l’impossibilità di rinnovare il documento prima che intercorra un dato periodo.
Allo stesso tempo, tale elemento assume una valenza permissiva, indi concedendo la possibilità di richiedere il nuovo rilascio della patente di guida, sulla base della semplice constatazione del tempo trascorso. Null’altro aggiunge o specifica il dato normativo (lex ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit).
Peraltro, il dato lasso di tempo costituisce anche limite all’esercizio del potere di revoca, in quanto la disposizione consente al Prefetto la revoca della patente di guida, purché comunque non siano trascorsi più di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione (art. 120, comma 2, del codice della strada).
Dunque, l’adozione del provvedimento restrittivo non è vincolato, bensì discrezionale, non sempre è adottato, ma solo al riscontro motivato di elementi che lo giustifichino; inoltre, quando siano decorsi in ogni caso tre anni non è più consentito revocare la patente. Di conseguenza, il decorso del triennio legittima la richiesta di un nuovo titolo di guida.
In tal caso, la Prefettura deve riscontrare è stato adottato un provvedimento che abbia inciso sulla patente di guida e se sia trascorso il tempo previsto dalla legge come ostativo per poter presentare una nuova domanda tesa al conseguimento di una nuova patente.
Ne scaturisce la conferma della tesi preferibile e prevalente, secondo cui non risulta necessario il rilascio di alcun provvedimento di riabilitazione, nei consimili casi di revoca della patente, assumendo il limite temporale prescritto fondamento e termine di misura del potere discrezionale in questione.
In ultima analisi, in ipotesi di revoca della patente già conseguita, non occorre alcuna pronuncia di riabilitazione ed è sufficiente la constatazione del decorso del termine dei tre anni, ai fini del rilascio del nulla-osta al conseguimento dei una nuova patente, poiché in tal senso si è espresso il legislatore.
Viene dunque distinta la condizione di colui che, raggiuta l’età prevista, mai in possesso del titolo abilitativo, si appresta per la prima volta a richiedere la patente di guida del tipo (distinto a seconda della classe del veicolo) anelato, imponendo i requisiti della piena idoneità morale (originaria o per via della riabilitazione), il cui riscontro può originare il diritto al rilascio della patente di guida.
In tal caso, la verifica dei requisiti, anche nella porzione tecnico-discrezionale (esame di guida), è comunque operata nell’interesse del privato e v’è giurisdizione del giudice ordinario.
Dall’altro lato, per contro, si pone la condizione di colui che, più in là nel tempo, fruito del titolo abilitativo alla guida, abbia subito un provvedimento motivato discrezionale di revoca e, di seguito, presenti una domanda per il rilascio di un nuovo titolo abilitativo, essendone consentito il riacquisto dei requisiti morali alla constatazione oggettiva del decorso del tempo, sempreché poi sia riscontrata la cessazione dei fatti o dei provvedimenti ostativi, apprezzabili nell’ambito della legislazione di prevenzione di P.S., in correlazione ai quali ricorre l’interesse legittimo al corretto apprezzamento.
In quest’ultimo caso, la verifica dei requisiti, segnatamente circa la perdita, la permanenza oppure il riacquisto dei requisiti morali è compiuto dalla Prefettura discrezionalmente nell’interesse pubblico e nell’esercizio dei poteri di prevenzione.
In conclusione, appurato, in base ai documenti prodotti in causa, che sono decorsi, nella fattispecie concreta, i tre anni previsti dall’art. 120, comma 2, del codice della strada e cessati i fatti in un primo tempo ostativi, l’impugnato provvedimento di diniego va annullato, atteso che l’amministrazione non avrebbe potuto basare il diniego del nulla osta esclusivamente sull’iscrizione della precedente revoca, ma avrebbe dovuto verificare se vi fossero o meno le ulteriori condizioni sopra evidenziate, ancorando l’eventuale diniego a diverse valutazioni ostative di cui dar conto nella motivazione del provvedimento, valutazioni che nel caso non sono rinvenibili in maniera espressa…” TAR di Napoli Sezione V sentenza 6447 del 19.10.2022).