Punto Legale TOV
Il Trattamento di Fine Rapporto è una particolare voce retributiva che trova la propria disciplina all’interno del codice civile e, più precisamente, all’art. 2120 c.c dove è previsto che “in ogni caso di cessazione del rapporto subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto”.
Si tratta, quindi, di una voce stipendiale che deve essere corrisposta dal datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto con il lavoratore (o in altri specifici casi previsti dalla legge) e che consiste in un somma economica ottenuta dividendo la retribuzione di ciascun anno per il divisore 13,5, che poi viene accantonata e via via rivalutata dal momento del calcolo a quello dell’erogazione.
Il TFR, al pari di ogni altra voce retributiva, può essere oggetto di contenzioso nei casi in cui il datore di lavoro non adempia spontaneamente al proprio obbligo di corresponsione, obbligando in tal modo il lavoratore ad avviare, per mezzo di un avvocato, una procedura di recupero coattivo dei propri crediti.
Procedura che si sostanzierà inizialmente, nella maggior parte dei casi, in un ricorso monitorio da presentare al Giudice del Lavoro competente per territorio, nel quale dovrà essere fornita prova sia dell’esistenza del diritto in capo al lavoratore di percepire tale voce retributiva sia del suo esatto ammontare.
Sotto il primo profilo sarà quindi sufficiente dimostrare che tra le parti in causa è intercorso un rapporto di lavoro di natura subordinata e che questo è cessato a causa di un intervenuto licenziamento o delle dimissioni rassegnate dal lavoratore.
Per quanto riguarda invece la quantificazione dell’esatto ammontare di TFR dovuto si segnala che, solitamente, sarà sufficiente produrre in giudizio i cedolini paga rilasciati dal datore di lavoro in costanza di rapporto, nei quali viene indicato, assieme alle competenze mensili e agli indicatori dei vari istituti contrattuali attinenti alla posizione del singolo lavoratore (ferie, permessi, etc.), anche l’esatto importo di TFR progressivamente maturato sino a quel momento.
È sempre consigliabile, in ogni caso, avvalersi di un consulente per esaminare la correttezza della quantificazione operata dal datore di lavoro.
All’esito del procedimento monitorio, il Giudice emetterà un provvedimento con il quale ordinerà al datore di lavoro di pagare il credito al lavoratore, assegnando altresì al primo un termine per contestare le richieste di pagamento avanzate nei suoi confronti.
Nei casi in cui tale ordine non venga né adempiuto né in alcun modo contestato, questo diventerà definitivo e consentirà al lavoratore di avviare, sempre attraverso un avvocato, un procedimento esecutivo per il recupero coattivo del proprio credito.
Procedimento esecutivo che, nello specifico, potrà concretizzarsi in un pignoramento mobiliare o in un pignoramento immobiliare.
Purtroppo, in alcuni casi, nemmeno la procedura esecutiva consente al lavoratore di recuperare il proprio credito, rendendo vani tutti i tentativi di pignoramento avanzati nei confronti dell’ex datore di lavoro.
In relazione a tali casi, però, il lavoratore potrà fortunatamente ricorrere al Fondo di Garanzia, vale a dire ad un fondo speciale istituito presso l’INPS proprio per tutelare i lavoratori da casi specifici di insolvenza del datore di lavoro.
In ragione di tale circostanza, l’operatività del Fondo è ammessa prevalentemente nei casi di procedure concorsuali avviate nei confronti del datore di lavoro insolvente (fallimento, concordato preventiva e liquidazione coatta amministrativa), in relazione alle quali il lavoratore è stato ammesso al passivo per i crediti da TFR.
Una volta consolidato lo stato passivo (vale a dire, passati 30 giorni dal giorno del deposito dello stato passivo senza che sia intervenuta alcuna opposizione), il lavoratore potrà quindi avanzare la propria domanda di accesso al Fondo di Garanzia indicando l’importo corrispondente al TFR vantato nei confronti del datore di lavoro .
È utile precisare che, benché il Fondo sia destinato ad operare nei casi di procedure concorsuali, questo trova applicazione anche nei confronti di datori di lavoro insolventi ma non fallibili o non ancora falliti. In tali casi il lavoratore dovrà allegare, alla domanda di accesso al Fondo, anche la sentenza di rigetto dell’istanza di fallimento che lo stesso dovrà in ogni caso proporre al Tribunale competente.
Infine, per quanto attiene al pagamento, questo dovrà avvenire da parte del Fondo entro sessanta giorni dalla data di richiesta, senza che il lavoratore debba fornire documentazione ulteriore in aggiunta allo stato passivo o alla prova della infruttuosa esecuzione.
È utile chiarire che il Fondo che paga il TFR al lavoratore è surrogato di diritto nel privilegio di questi sul patrimonio del datore.