Avv. Elpidio Garzillo
Il 2019 si è rivelato un anno particolarmente delicato per la legislazione di matrice penale-tributaria. La produzione legislativa ha certamente subito quel turbolento clima instauratosi in ragione della precaria stabilità parlamentare, nonché dei personalismi a livello governativo idonei a disattendere pregressi impegni di rango europeo.
Ricordiamo sul tema, infatti, che il recepimento della direttiva Direttiva n. 2017/1371 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, c.d. “Direttiva PIF”, era previsto per il 6 luglio 2019 e solo di recente, il 23 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema preliminare di decreto di attuazione.
Nonostante ciò, le novità fin qui introdotte, rappresentano una sterzata verso nuove frontiere multidisciplinari che, intersecandosi tra loro, imporranno nuovi assetti organizzativi e nuove consapevolezze in termini di compliance per la gestione societaria.
La Legge del 24 dicembre 2019, n. 157/2019
Nel secondo semestre del 2019, abbiamo avuto già modo di occuparci di questo fermento normativo, successivo all’entrata in vigore del “Decreto fiscale 2020” (in precedenza nell’articolo Il Decreto Fiscale 2020 e la nuova compliance 231 penale-tributaria).
Oggi, quindi, proveremo ad analizzare il risultato della “dialettica parlamentare“, ovvero le ricadute della legge di conversione 24 dicembre 2019, n.157/2019 al provvedimento adottato dal Governo recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili“, nell’ambito della responsabilità amministrativa degli enti.
Vista la data di entrata in vigore, sotto l’albero di Natale abbiamo trovato un provvedimento atteso ben 18 anni: l’ingresso dei reati tributari, quali c.d. “presupposto” per la responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato ai sensi del d.lgs. 231/01.
Trattasi di una svolta epocale tanto attesa e senza precedenti. E’ fondamentale, infatti, prendere in considerazione che l’intera disciplina in materia penale-tributaria era ritagliata sul fatto-reato della sola persona fisica, previsto dal d.lgs. 74/2000 – Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n.205, nonché dal codice penale per le vicende connesse all’istituto della confisca.
In ragione di ciò, quello che fino ad oggi non consentiva imputazioni di natura penale-tributaria all’ente, era proprio la mancanza, nel d.lgs. 231/01, di apposite e tassative disposizioni che potessero, alle condizioni previste dagli artt. 5,6,7, attribuire un ruolo (parte processuale in primis) anche all’entità giuridica, destinataria dell’azione (illecita) dei propri manager.
Le conseguenze del reato commesso dalla persona fisica, non si propagavano verso l’ente: non era possibile, in pratica, aggredire la società qualora avesse conseguito un interesse o un vantaggio dalla condotta illecita di un proprio intraneo.
La nuova fisionomia del d.lgs. 231/01 e i “grandi esclusi”
Orbene, in fase di conversione, il legislatore ha selezionato solo alcune fattispecie di reato fondanti la responsabilità dell’ente, cambiando la fisionomia del decreto 231, attraverso l’inserimento del un nuovo articolo 25-quinquiesdecies – (Reati tributari).
Nell’articolato, è possibile ritrovare i seguenti delitti previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74:
a) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2, co. 1 e 2 bis;
b) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall’articolo 3;
c) per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, co. 1;
d) per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 2-bis;
e) per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’articolo 10;
f) per il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall’articolo 11.
Particolarmente incisivo appare il relativo quadro sanzionatorio.
Sotto il punto di vista delle sanzioni pecuniarie, da applicarsi sempre, in ragione delle diverse fattispecie potrebbe giungere ad un massimo di € 619.600 ed € 774.500, sanzioni queste che, in virtù dell’espressa aggravante che prevede l’aumento di un terzo qualora l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità, potrebbero giungere nel massimo a € 815.333 o a € 1.032.666.
Assieme alle sanzioni pecuniarie, per espressa previsione dell’art.3, è prevista l’applicazione delle sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e), cioè il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Di non poco conto assume anche la questione sul tema della confisca, applicabile per equivalente, del profitto del reato fiscale, nella disponibilità della persona giuridica (1).
Esclusi dall’art. 25-quinquiesdecies: dichiarazione infedele, omessa dichiarazione imposta sui redditi/Iva e sostituto d’imposta, omesso versamento di ritenute certificate, omesso versamento di Iva, indebita compensazione con crediti non spettanti, indebita compensazione con crediti inesistenti.
Nuovi assetti organizzativi e compliance 231
In questi primi mesi, i vertici amministrativi e di controllo delle società sono impegnati nello sviluppare nuovi presidi al fine di definire una politica di gestione del “rischio tributario”.
Molti allert sono già stati oggetto di segnalazioni ad ottobre da parte degli Organismi di Vigilanza, organi di staff del CDA preposti al monitoraggio e controllo dei modelli, quando, appunto, nell’aria già si sentivano quei venti innovatori che avrebbero apportato modifiche al d.lgs. 231/01.
Fondamentale, quindi, sarà la gestione di questa nuova “compliance tributaria”, attraverso il rafforzamento delle procedure interne, i flussi informativi nonché la gestione – qualora in outsourcing – dei rapporti con i soggetti impegnati negli adempimenti di natura fiscale e tributaria attraverso clausole contrattuali particolarmente precise, a tutela degli interessi dell’ente.
Tali attività porteranno all’aggiornamento del MOGC 231 adottato dalla società cogliendo, perché no, l’occasione per effettuare eventuali test sulla tenuta dello stesso in tema di efficacia esimente.
(1) Per approfondimenti sul tema della confisca dei beni societari in relazione ai reati fiscali, Cass., Sez. Unite, 30 gennaio 2014 (dep. 5 marzo 2014), n. 10561, Pres. Santacroce, Rel. Davigo, Imp. Gubert.