Dott. Valerio Digregorio
Uno sguardo all’utilizzo del potere di disposizione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e alle sue ipotesi applicative dopo la riforma del Decreto Semplificazioni.
Mediante il comunicato stampa del 3 maggio 2021 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha condiviso la volontà di rafforzare la missione istituzionale di tutela dei diritti e di promozione della legalità mediante l’utilizzo del potere di disposizione attribuito al personale ispettivo.
Il potere di disposizione è stato recentemente ampliato dall’art. 12 bis del DL n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni), che ha sostituito integralmente l’art. 14 del D.Lgs n. 124/2004 con l’obbiettivo sia di semplificare l’utilizzo dello stesso che di rafforzare la tutela sostanziale dei lavoratori.
L’INL ha reso noti i dati relativi alle attività ispettive del primo trimestre del 2021 nel corso del quale sono stati impartiti 215 provvedimenti di disposizione mediante i quali è stata fornita tutela a una platea complessiva di 62.118 lavoratori; circa un terzo delle disposizioni impartite sono già state spontaneamente ottemperate dai datori di lavoro.
I casi più frequenti di utilizzo della disposizione hanno riguardato in particolare:
- omesse e infedeli registrazioni sul LUL (Libro Unico del Lavoro) che non determinano differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali;
- imposizione di un sistema di rilevazione delle presenze;
- mancata individuazione delle fasce orarie e dei turni di lavoro o mancato rispetto della collocazione oraria nei rapporti di lavoro a tempo parziale;
- mancato rispetto della rotazione dei lavoratori da porre in CIG o in CIG in deroga.
Ambito applicativo
L’art. 14 del D.Lgs n. 124/2004, come sostituito dall’art. 12 bis del DL n. 76/2020, prevede che il personale ispettivo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro possa adottare nei confronti del datore di lavoro un provvedimento di disposizione, immediatamente esecutivo, in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative.
Contro la disposizione è ammesso ricorso, entro 15 giorni, al Direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro che decide nei successivi 15 giorni; decorso inutilmente tale termine il ricorso si intende respinto.
Infine, il ricorso non sospende l’esecutività della disposizione.
La mancata ottemperanza alla disposizione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro.
In altre parole, attraverso la disposizione l’ispettorato intima al datore di lavoro di adempiere a un obbligo previsto dalla legge o dal CCNL applicato, con l’attribuzione di un termine variabile in funzione dell’irregolarità riscontrata.
Il provvedimento in esame è immediatamente esecutivo ma può concludersi senza alcuna conseguenza se la parte datoriale ottempera al contenuto dello stesso.
Mediante l’utilizzo della disposizione si vuole fornire adeguata tutela in relazione agli obblighi normativi e contrattuali non presidiati da una specifica sanzione nei casi di mancata o errata applicazione.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la Circolare n. 5 del 30 settembre 2020 e la Nota n. 4539 del 15 dicembre 2020 ha fornito le prime indicazioni operative per un corretto utilizzo del potere di disposizione, fornendo a titolo esemplificativo alcune ipotesi applicative del provvedimento.
1.1. Obblighi contrattuali
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce che il nuovo potere di disposizione trova applicazione in relazione al mancato rispetto sia di norme legali che di disposizioni contenute nel contratto collettivo applicato, anche di fatto dal datore di lavoro.
In quest’ultima ipotesi la disposizione va circoscritta alle previsioni contenute nella parte normativa ed economica del CCNL; deve invece escludersi, di norma, il riferimento alla parte obbligatoria dello stesso.
1.2.Violazioni con sanzione civile e obblighi di fonte negoziale
L’Ispettorato specifica che la previsione di una sanzione civile non esclude l’esercizio del potere di disposizione.
È il caso, ad esempio, della trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato per assenza di causali o per mancato rispetto del numero di proroghe o del periodo di stop and go e registrazioni sul LUL.
In tali situazioni, secondo l’INL, sarà possibile utilizzare la disposizione per far modificare la lettera di assunzione e far elaborare correttamente il LUL a far data dalla trasformazione qualora non siano applicabili sanzioni in ragione della insussistenza di effetti retributivi, previdenziali o fiscali legati alla errata elaborazione.
Deve invece escludersi l’adozione della disposizione nei casi di obblighi che trovano la loro fonte in via esclusiva in una scelta negoziale delle parti (ad esempio, contratto individuale di lavoro/lettera di assunzione).
1.3. Comportamenti pregressi
Il provvedimento di disposizione può essere adottato anche in relazione a comportamenti pregressi allorquando la condotta richiesta possa materialmente sanare la violazione dell’obbligo, ovvero sia funzionale ad evitare la sua ripetizione nel futuro.
In tale seconda ipotesi la disposizione dovrà indicare un termine (ordinariamente di trenta giorni o più ampio in ragione della natura della violazione) al datore di lavoro per la verifica della sua ottemperanza.
1.4. La finalità di tutela del lavoratore
L’Ispettorato pone in risalto la ratio della disposizione che deve comportare una valutazione complessiva della fattispecie concreta oggetto di accertamento, finalizzata a fornire al dipendente una effettiva tutela.
Di conseguenza deve evitarsi l’adozione del provvedimento laddove, pur consentita in astratto, determini in concreto possibili effetti sfavorevoli nei confronti di altri lavoratori.
La violazione del diritto di precedenza (compreso tra l’elenco delle ipotesi applicative della disposizione nella Nota dell’INL) potrebbe in alcuni casi configurare tale ipotesi.
Nel caso di violazione di tale diritto è possibile adottare la disposizione laddove la parte datoriale non abbia richiamato il diritto di precedenza nella lettera di assunzione di un lavoratore con contratto a termine, in violazione dell’art. 24, comma 4 del D.Lgs n. 81/2015.
Viceversa, non sarebbe possibile adottare la disposizione al fine di tutelare il lavoratore che aveva questo diritto in luogo di un altro dipendente già assunto; si realizzerebbe in tal modo proprio quell’effetto sfavorevole che dovrebbe scoraggiare l’utilizzo del provvedimento.
La pronuncia del TAR Friuli- Venezia Giulia
Nella recente sentenza n. 155 del 18 maggio 2021 il TAR Friuli Venezia Giulia ha fornito chiarimenti in merito all’utilizzo del potere di disposizione.
Il Tribunale si è pronunciato sul ricorso presentato da un datore di lavoro avverso il verbale con il quale l’Ispettorato aveva disposto di inquadrare alcuni lavoratori ad un altro livello rispetto a quello previsto al momento dell’assunzione.
Il TAR accoglie il ricorso presentato dal datore specificando che “l’inquadramento dei lavoratori in una categoria contrattuale diversa da quella asseritamente spettante, in forza delle mansioni esercitate, secondo il C.C.N.L. applicabile – non rientra tra le irregolarità in materia di lavoro e legislazione sociale che possono essere contestate dall’Ispettorato nell’esercizio del potere di disposizione ma corrisponde ad una condotta di inadempimento di un obbligo di fonte legale – sancito dall’art. 2103 c.c. e presidiato da uno speciale meccanismo di tutela”.
Inoltre, la possibilità di applicare la disposizione alle irregolarità derivanti da violazioni dei contratti collettivi, in assenza di espressa specificazione non si concilierebbe con l’art. 13 del D.Lgs n. 124/2004, dove il legislatore ha voluto estendere il campo applicativo del diverso strumento della diffida all’inosservanza delle norme del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale.
Conclusioni
Il potere di disposizione mira a garantire una tutela rapida ed efficace ai diritti sostanziali dei lavoratori; mediante esso, infatti, viene introdotto un presidio sanzionatorio per tutti quegli obblighi normativi e contrattuali non soggetti a sanzioni penali o amministrative con evidenti vantaggi in ottica di deflazione del contenzioso.
Come precisato dall’Ispettorato, l’utilizzo di tale potere si inserisce nell’ambito del percorso di adeguamento della funzione dell’ente, finalizzata a sostenere la ripresa economica del Paese all’interno della legalità, in un’ottica di affiancamento alla parte sana del sistema produttivo.
Pur consapevoli delle potenzialità dell’istituto è necessario tuttavia circoscriverne i limiti.
Come chiarito dalla recente pronuncia del TAR Friuli Venezia Giulia, la disposizione dovrebbe trovare applicazione in relazione alla violazione di “norme imperfette” che al comando giuridico non ricolleghino una sanzione specifica e la stessa dovrebbe trovare applicazione in via residuale.
Inoltre, in relazione alle pretese di carattere patrimoniale la conciliazione monocratica disciplinata dall’art. 11 del D.Lgs n. 124/2004 (laddove non sussista alcun accertamento ispettivo in ordine ad un eventuale credito del dipendente) e la diffida rimangono gli strumenti privilegiati di tutela.