Il giudizio di inaffidabilità sulla base della detenzione di armi

Avv. Mario Caliendo


Una pronuncia del TAR della Campania che mette in evidenza le condizioni per poter determinare il giudizio di inaffidabilità in ordine alla detenzione delle armi.

Il TAR evidenzia che è illegittimo un provvedimento che non prenda in considerazione anche l’effettiva personalità del soggetto richiedente, infatti, in mancanza della stessa, il giudizio sulla capacità di abuso delle armi e sull’assenza di affidabilità non sarebbe stato effettuato nei confronti del soggetto detentore ma riguarderebbe una terza persona, estranea al procedimento.

Al riguardo, è doveroso evidenziare che occorre dar conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata, al fine di precisare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi, ne consegue che il pericolo di abuso delle armi non solo deve essere comprovato, ma richiede una adeguata valutazione non del singolo dato di fatto ma anche della personalità del soggetto sospettato e non di soggetti terzi estranei al procedimento.

Dalle considerazioni che precedono, conclude il TAR discende che il provvedimento impugnato è sfornito di presupposti, poiché la sola circostanza rilevata dalla Questura di Caserta, in assenza di ulteriori elementi, è inidonea a sorreggere un provvedimento così pregiudizievole per il ricorrente.

È infatti opinione comune nella Giurisprudenza Amministrativa che, pur nel rispetto della discrezionalità che la legge riconosce alla pubblica amministrazione nel valutare l’affidamento che dà il soggetto richiedente di non abusare delle armi, non può essere ritenuto sufficiente a valutare lo scarso affidamento del richiedente un mero rapporto di affinità con un soggetto ritenuto pericoloso.

La Giurisprudenza Amministrativa è, infatti, concorde nel sostenere che la valutazione di assenza dei requisiti di moralità deve essere ricollegata ad episodi veramente significativi e che coinvolgano strettamente il soggetto interessato.

La pronuncia è assai significativa specie per lo strettissimo legame di affinità, ma anche per la caratura criminale dell’affine con il soggetto scrutinato.

 


Testo della sentenza

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

Pubblicato il 19/05/2020
N. 01879/2020 REG.PROV.COLL.
N. 03378/2019 REG.RIC.

FATTO e DIRITTO

Con atto notificato in data 9 luglio 2019 e depositato il 7 agosto seguente, il ricorrente ha esposto che, col provvedimento impugnato, emesso il 18.5.2019, il Questore di Caserta gli ha negato il rilascio della licenza di porto di fucile per uso sportivo.

Come può leggersi nell’atto, il rigetto della domanda risulta basato sul fatto che il richiedente è coniugato con -OMISSIS- “elemento di primissimo piano del clan dei -OMISSIS- in atto detenuto e condannato per la commissione di gravi delitti riconducibili al crimine organizzato”.

A sostegno della domanda di annullamento del provvedimento sfavorevole, l’interessato ha dedotto due articolati motivi di diritto, così formulati entrambi in rubrica: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COST – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI IMPARZIALITA’ E BUON ANDAMENTO – VIOLAZIONE DEGLI’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 11, 39 E 43 DEL T.U.L.P.S- ECCESSO DI POTERE – CARENZA ISTRUTTORIA – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – SVIAMENTO.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione statale col patrocinio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, la quale ha concluso con richiesta di reiezione del gravame siccome infondato.
In esito alla camera di consiglio del 10 settembre 2019, con ordinanza n. 1382/2019, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.
In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato documenti e memorie difensive, con le quali hanno insistito nelle rispettive richieste.

Alla pubblica udienza del 12 maggio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione, come da verbale.
Ad avviso del Collegio il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

Giova premettere che, come già anticipato sopra, il giudizio di inaffidabilità dell’instante, sotteso al diniego di rilascio della licenza di porto di fucile ad uso sportivo, si base unicamente sui pregiudizi penali a carico del suocero, non risultando alcun addebito personale riferito alla condotta del richiedente.

Invero, in punto di fatto non è contestato che:
– il ricorrente, laureato in economia e dirigente del Comune di -OMISSIS- iscritto all’Albo dei revisori presso il Ministero dell’Interno e all’Albo dei dottori commercialisti, non è mai stato denunciato né condannato per nessun tipo di reato, non ha frequentazioni con personaggi contigui alla criminalità organizzata o comune ed ancor meno con l’affine in questione, che dichiara di non aver mai incontrato, neanche in occasione di colloqui presso la Casa circondariale dove questi è da lungo tempo ristretto (in regime carcerario ex articolo 41 bis della legge n. 354 del 1975, come successivamente modificata);

– allo stesso modo, anche la moglie del ricorrente, insegnante in servizio a -OMISSIS- è soggetto incensurato e non è mai incorsa in alcuna vicenda penale.

Tanto premesso, passando alla valutazione della fattispecie controversa, osserva il Collegio che, come obiettato dalla difesa erariale, è vero che, ai sensi degli artt. 11 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, il potere riconosciuto all’autorità di pubblica sicurezza in materia di rilascio del porto d’armi è connotato da elevata discrezionalità, in considerazione della funzione per cui lo stesso è attribuito, consistente nella tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, anche con finalità di prevenzione della commissione di illeciti, e che, pertanto, i provvedimenti emessi nel suo esercizio non richiedono un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento al riguardo.

Tuttavia, si è anche precisato in giurisprudenza che il giudizio prognostico deve essere effettuato sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie, al fine di verificare il potenziale pericolo rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute, e deve estrinsecarsi in una congrua motivazione, che consenta in sede giurisdizionale di verificare la sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2006, n. 2576; sez. III, 10 ottobre 2014, n. 5039 e 31 marzo 2014, n. 1521; sez. I, 15 gennaio 2015, n. 50).

Ad avviso del Collegio, nell’odierna fattispecie si palesano fondate le dedotte censure di difetto di istruttoria e di motivazione.

Invero, circa gli elementi fattuali posti a base del diniego, questa Sezione ha in molteplici occasioni precisato che, in linea generale, il mero rapporto parentale o di affinità non possa fondare di per sé, in termini automatici, in assenza di ulteriori, significative circostanze concrete, un giudizio di disvalore o di prognosi negativa (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 29 aprile 2019, n. 2292; 4 febbraio 2019, n. 563; 25 giugno 2015, n. 3391 e 14 gennaio 2014, n. 279).

Nel caso di specie non è stata fornita alcuna altra circostanza specifica ed individualizzante sulla quale basare il giudizio di inaffidabilità nei confronti del ricorrente ovvero anche solo una prognosi sul possibile abuso dell’arma da parte della moglie o dei suoi familiari.

Al riguardo, è stato più volte affermato in giurisprudenza che “l’Amministrazione procedente non può denegare il permesso di porto d’armi limitandosi ad addurre il solo fatto che il richiedente è legato da rapporto di parentela o di affinità con un pregiudicato, senza in concreto valutarne l’incidenza in ordine al giudizio di affidabilità e/o probabilità di abuso delle armi” (in termini T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 29 aprile 2019, n. 2292, cit.).

Ciò in quanto la valutazione della possibilità di abuso, pur fondandosi legittimamente su considerazioni probabilistiche, non può prescindere da una congrua ed adeguata istruttoria, della quale dar conto in motivazione, onde evidenziare le circostanze di fatto che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi, per cui è necessario che il provvedimento con cui viene disposto il diniego sia fondato su una valutazione del comportamento complessivo del soggetto interessato, idonea a sorreggere il giudizio prognostico di non affidabilità in merito al buon uso delle armi, che nel caso di specie è mancata (cfr., oltre alle sentenze già citate, anche T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 18 dicembre 2014, n. 6792; T.A.R. Lecce, sez. I, 11 luglio 2013, n. 1625; T.A.R. Napoli, sez. V, 15 maggio 2013, n. 2539; T.A.R. Catanzaro, sez. I, 10 novembre 2011, n. 1350).

In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere accolto, con conseguente annullamento del decreto impugnato.

La peculiarità della fattispecie giustifica, peraltro, l’equa compensazione delle spese di giudizio tra le parti, fermo restando che il contributo unificato per legge va posto a carico dell’Amministrazione soccombente, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, il quale ha dichiarato di averne fatto anticipo.

Ad avviso del Collegio sussistono i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità delle parti interessate, per cui va disposto che la Segreteria proceda all’oscuramento delle generalità del ricorrente e delle altre persone fisiche menzionate nel provvedimento.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato decreto del 18.5.2019 della Questura di Caserta, recante rigetto dell’istanza di rilascio del porto di fucile per uso sportivo.
Spese compensate.

Il contributo unificato va posto a carico dell’Amministrazione soccombente, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, il quale si è dichiarato antistatario.
Manda alla Segreteria, ai sensi dell’art. 52, commi 1 e 2, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), affinché proceda all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e le altre persone fisiche indicate nella sentenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2020, con collegamento da remoto in videoconferenza tramite Microsoft Teams, ai sensi dell’art. 84, comma 6, D. L. 18/2020, con l’intervento dei magistrati:
Santino Scudeller, Presidente
Pierluigi Russo, Consigliere, Estensore
Diana Caminiti, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Pierluigi Russo Santino Scudeller

IL SEGRETARIO

 

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