Dott. Valerio Digregorio
Il punto di vista della giurisprudenza sulle possibilità e i limiti per il datore di lavoro di eseguire controlli a mezzo di investigatori privati.
Introduzione e quadro normativo
Il lavoratore subordinato è assoggettato all’esercizio del potere direttivo, disciplinare e di controllo da parte del datore di lavoro.
L’attività di controllo del datore di lavoro è circoscritta entro precisi limiti dagli artt. 2-5 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970) con l’obbiettivo di tutelare la libertà, la dignità e la riservatezza dei lavoratori.
L’art. 2 dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che le guardie giurate possono essere impiegate esclusivamente per scopi connessi alla tutela del patrimonio aziendale e, conseguentemente, possono contestare ai lavoratori solo i fatti oppure le azioni riconnessi alla tutela dello stesso.
E’ inoltre fatto loro divieto di
- vigilare sull’andamento dell’attività lavorativa;
- accedere ai locali aziendali dove si svolge l’attività di produzione, se non in casi eccezionali e per specifiche e motivate esigenze connesse alla tutela del patrimonio aziendale.
Il divieto di controllo sull’attività lavorativa si estende a tutte le vicende connesse alla prestazione di lavoro (compresi l’orario di lavoro e le pause).
La violazione della disposizione di cui sopra comporta non solo la sospensione della guardia giurata dal servizio ma anche l’irrogazione di una sanzione penale in capo al datore di lavoro (vedi art. 38 Stat. Lav.).
L’art. 3 Stat. Lav. sancisce il divieto di effettuare controlli “occulti” sullo svolgimento dell’attività lavorativa: “i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa devono essere comunicati ai lavoratori interessati”.
La norma si applica unicamente per il personale destinato alla sorveglianza dei lavoratori senza avere funzioni direttive nei confronti dei dipendenti sorvegliati; il personale direttivo gerarchicamente sovraordinato al lavoratore può esercitare i suoi compiti (compreso quello di sorveglianza) senza necessità di osservare le condizioni di pubblicità prescritte dalla disposizione.
Il mancato rispetto dell’art. 3 comporta l’impossibilità per la parte datoriale di utilizzare segnalazioni e rilievi del personale di vigilanza al fine di applicare sanzioni disciplinari.
Un consolidato orientamento della Corte di Cassazione (cfr. Cassazione, 1 marzo 2019, n. 6174, Cass., 17 gennaio 1990, n. 205, Cass., 24 marzo 1983, n. 2042) ha elaborato nel corso degli anni un’eccezione al divieto di controlli occulti: è possibile per il datore avvalersi di agenzie di investigazione private, a condizione che il controllo non sia volto alla verifica del corretto svolgimento della prestazione lavorativa, riservata esclusivamente al datore di lavoro.
Il controllo potrà essere effettuato soltanto qualora vi sia il sospetto che il dipendente compia atti che configurano un illecito extracontrattuale, penale ovvero amministrativo.
Nel prosieguo della trattazione focalizzeremo la nostra attenzione su alcune recenti pronunce della Corte di Cassazione che hanno cercato di definire i confini del potere di controllo datoriale.
Il ricorso alle agenzie di investigazione secondo la giurisprudenza
Nella sentenza n. 21621 del 4 settembre 2018 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un dipendente, licenziato per giusta causa dall’azienda in seguito all’accertamento da parte di un’agenzia di investigatori privati circa la reiterata manomissione da parte di quest’ultimo del registro presenze, col fine di occultare le ripetute assenze.
In primo e in secondo grado il licenziamento veniva dichiarato legittimo.
La Corte di Cassazione, adita della questione accoglie il ricorso del lavoratore che sosteneva che l’indagine effettuata circa il mancato rispetto dell’orario di lavoro potesse essere svolta solamente dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori.
La Corte precisa infatti che il rispetto dell’orario lavorativo è riconducibile all’adempimento della prestazione e di conseguenza può essere accertato solamente dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori.
E’ giustificato rivolgersi ad agenzie di investigazione viceversa, solo se la loro attività è limitata all’accertamento di illeciti extracontrattuali da parte del lavoratore.
Secondo la Corte di Cassazione “ciò non esclude che il controllo delle guardie particolari giurate, o di un’agenzia investigativa, non possa riguardare, in nessun caso, nè l’adempimento, nè l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, l’inadempimento essendo anch’esso riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza, ma debba limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione”.
Alla luce di queste considerazioni il licenziamento veniva giudicato illegittimo.
Nella Sentenza n. 8373 del 4 aprile 2018 la Corte di Cassazione ha affrontato un caso simile a quello della precedente pronuncia, giungendo però ad un esito opposto.
La vicenda vedeva come protagonista il lavoratore di una compagnia assicurativa, licenziato all’esito di un’indagine investigativa nella quale era stato accertato, in un arco temporale di dieci giorni, non solo il mancato rispetto dell’orario di lavoro ma anche l’impegno del lavoratore, al di fuori dell’ufficio e durante l’orario lavorativo, in attività estranee alla sfera professionale.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la domanda del lavoratore che sosteneva l’illegittimità del controllo effettuato dall’agenzia investigativa per violazione degli artt. 2 e 3 dello Statuto dei Lavoratori e la conseguente inutilizzabilità del materiale probatorio.
La Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento, precisando che il controllo dell’agenzia investigativa non era volto a una verifica circa lo svolgimento della prestazione lavorativa ma ad accertare le cause dell’assenza del dipendente dal luogo di lavoro.
In altre parole il controllo sul mancato esercizio della prestazione lavorativa potrebbe avvenire per il tramite di investigatori privati senza violazione alcuna di quanto stabilito dallo Statuto dei Lavoratori o dei principi di correttezza e buona fede.
Nella sentenza n. 18507 del 21 settembre 2016 la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito a un controllo eseguito dal datore di lavoro a mezzo di investigatori privati finalizzato a valutare la veridicità della malattia dichiarata dal dipendente.
Nello specifico un dipendente, assente per una dichiarata patologia di lombosciatalgia acuta (accertata dal medico dell’INPS), veniva sorpreso da un’agenzia investigativa incaricata a tal fine dal datore di lavoro, intento a eseguire lavori sul tetto e nel cortile della propria abitazione.
Tale attività del lavoratore, incompatibile con il suo stato di salute conduceva al licenziamento per giusta causa dello stesso.
Per i giudici di primo grado il controllo effettuato dal datore di lavoro tramite l’agenzia investigativa era illegittimo; in secondo grado tale decisione veniva stravolta: rientrerebbe nella facoltà del datore effettuare un controllo per verificare l’attendibilità delle certificazioni mediche.
La Cassazione conferma la pronuncia della Corte di Appello sulla base delle seguenti argomentazioni.
Come noto l’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori sancisce il divieto di compiere verifiche dirette sull’idoneità e sull’infermità per malattia o infortunio dei dipendenti e dispone che il controllo delle assenze per malattia può essere effettuato solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, nelle fasce orarie giornaliere previste.
Secondo la Cassazione le disposizioni dell’art. 5 “non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l’assenza”.
Il controllo effettuato dal datore tramite gli investigatori privati non aveva infatti ad oggetto direttamente l’accertamento dello stato di malattia del lavoratore (attività preclusa al datore di lavoro) ma al contrario comportamenti extralavorativi attinenti al corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto di lavoro.
Conclusioni
Come abbiamo visto, senza pretese di esaustività nel corso della trattazione, il potere di controllo del datore di lavoro a mezzo di investigatori privati è soggetto a numerosi limiti dalla normativa vigente, finalizzati a garantire la libertà, la dignità e la riservatezza del lavoratore.
La giurisprudenza ha cercato di applicare e definire tali limiti nel caso concreto giungendo a esiti non sempre lineari; un problema si pone nel chiarire quando ci troviamo di fronte ad un controllo investigativo inerente l’attività lavorativa vera e propria e quando viceversa il controllo mira all’accertamento di illeciti extracontrattuali.
Si pone l’esigenza di tutelare da un lato la libertà e la dignità del lavoratore con la consapevolezza che spesso i controlli effettuati dal datore di lavoro tramite investigatori privati rappresentano uno strumento utile per accertare il compimento di un illecito da parte del dipendente; dovrebbero essere utilizzati, per evitare contestazioni, solo qualora non vi siano altri mezzi a disposizione della parte datoriale per il medesimo scopo, in ultima battuta quale extrema ratio.
Cercando di riassumere i tratti salienti dell’analisi svolta tra le condizioni che possono legittimare il controllo eseguito a mezzo di investigatori privati rientrano le seguenti:
- il controllo non può avere ad oggetto il mero adempimento della prestazione lavorativa da parte del dipendente ma l’accertamento di eventuali condotte illecite tali da incidere sul patrimonio aziendale o integrare fattispecie criminose;
- il controllo deve svolgersi con modalità tali da non ledere la libertà e la dignità del lavoratore;
- l’attività di investigazione deve rivestire carattere occasionale e non sistematico e dovrebbe risultare indispensabile e non sostituibile con altro mezzo meno invasivo a disposizione del datore.