Avv. Giuseppe Corvino
Il presente articolo si rifà alla pronuncia della Cassazione Civile del 25.01.2022, n. 2223, che – con l’ordinanza indicata – ribadisce il distinguo tra la mera consegna di un’opera e l’accettazione della stessa (che può avvenire anche per fatti concludenti).
Ebbene, scrive la Corte, “rappresenta principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, in tema di garanzia per difformità e vizi nell’appalto, l’accettazione dell’opera segna il discrimine ai fini della distribuzione dell’onere della prova, nel senso che, fino a quando l’opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell’esistenza dei vizi, gravando sull’appaltatore l’onere di provare di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte (Sez. 2, Sentenza n. 19146 del 09/08/2013)”.
Se i termini della questione proposta sono chiari, corre, però, distinguere cosa si intende e per consegna dell’opera e per accettazione della stessa.
La consegna.
La consegna di un’opera è un fatto materiale che si verifica con la messa a disposizione del bene a favore del committente. In questa specifica ipotesi, il Committente deve solo provare i vizi, mentre l’appaltatore deve dimostrare l’avvenuto adempimento dell’opera o di non averla potuta eseguire per causa di forza maggiore.
Il committente deve solo allegare i vizi, per converso l’appaltatore deve dare prova di aver eseguito l’opera secondo il contratto e a regola d’arte.
L’accettazione.
Nell’accettazione, invece, dell’opera da parte del committente l’appaltatore è privato di responsabilità e sorge il suo diritto al pagamento del prezzo (parliamo di vizi palesi non dei vizi occulti o quelli che l’appaltatore ha nascosto)
L’accettazione deve essere espressa o manifestata per fatti concludenti incompatibili con la volontà di denunciare i vizi. Nella prassi sovente l’accettazione non è formale, il committente resta inerte, non verifica l’opera né procede al collaudo della stessa.
Tuttavia la verifica dell’opera è un espresso onere del committente che deve avvenire in tempi brevi con alcuni distinguo (ad esempio per le opere pubbliche: l’art. art. 102 del dlgs 50/2016, il collaudo finale o la verifica di conformità deve avvenire entro 6 mesi dalla data di ultimazione dei lavori o delle prestazioni; questo termine, in casi di particolare complessità, può essere esteso fino ad un massimo di 12 mesi. Ancora, l’articolo prevede che la procedura di collaudo termina con il rilascio del certificato di collaudo da parte dell’Amministrazione. Il certificato ha carattere provvisorio e diventa definitivo solo dopo il decorso di 2 anni dalla sua emissione. Decorso tale termine l’opera si intende approvata in mancanza di atti di contestazione da parte della stazione appaltante.)
Dello stesso tenore, riportiamo la Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4051 del 1 marzo 2016, che dispone “In tema di appalto, l’accettazione dell’opera che, ai sensi dell’art. 1665 c.c., si verifica quando il committente tralasci di procedere alla verifica senza giusti motivi o non ne comunichi il risultato entro breve termine (comma 3), oppure riceva la consegna dell’opera senza riserve (comma 4), si distingue sia dalla verifica che dal collaudo perché la prima si risolve nelle attività materiali di accertamento della qualità dell’opera e il secondo consiste nel successivo giudizio sull’opera stessa; l’accettazione, invece, è un atto negoziale che esige che il committente esprima, anche per “facta concludentia” il gradimento dell’opera stessa e che comporta l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della corte di merito che aveva ritenuto vi fosse accettazione per le sole circostanze della mancata doglianza circa l’effettuazione dei lavori, del pagamento di acconti sul prezzo, e del rinvio del collaudo).