Dott. Luca Procopio
L’Agenzia delle Entrate e’ tenuta a riscontrare l’interpello interpretativo avanzato dal contribuente.
La mancata risposta comporta la nullità dell’avviso di accertamento che fonda le ragioni sulla interpretazione della norma opposta a quella fornita dal contribuente con la istanza di interpello.
Nella sentenza in esame, la CTR LAZIO biasima la condotta accertativa dell’Agenzia delle entrate, bollandola come illegittima, in quanto l’avviso di accertamento spiccato nei confronti del contribuente faceva seguito al “silenzio assenso” formatosi, in forza dell’art. 11, comma 3, secondo periodo, della Legge n. 212 del 2000 (“Statuto dei diritti del contribuente”), su un interpello “interpretativo” presentato in forza del comma 1, lett. a), del medesimo art. 11.
Nello specifico, un contribuente persona fisica non esercente attività di impresa o professionale interpellava l’Agenzia delle entrate sulla corretta interpretazione dell’art. 3, comma 6, del D.Lgs. n. 23 del 2011, ai sensi del quale il regime tributario della cedolare secca è escluso per “locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni”, in relazione ad un contratto di locazione abitativa su un’unità immobiliare che la società conduttrice avrebbe utilizzato come foresteria, sostenendo che l’anzidetta norma deve interpretarsi nel senso che la tassazione sostitutiva ben può applicarsi laddove la natura imprenditoriale sia rivestita solamente dal soggetto locatario dell’unità immobiliare abitativa.
Nessuna risposta veniva fornita dall’Agenzia delle entrate nel termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza, così che veniva a formarsi il “silenzio assenso” sulla tesi esegetica formulata dal contribuente, come prevede l’art. 11, comma 3, terzo periodo, dello Statuto dei diritti del contribuente, che così recita: “Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione”.
Nonostante ciò, il contribuente riceveva un avviso di accertamento a mezzo del quale si disconosceva l’applicabilità della cedolare secca sul contratto di locazione de quo sul presupposto giuridico che quest’ultimo era stato concluso nell’esercizio di un’attività di impresa, giacché il conduttore, essendo una società, agiva nell’esercizio di impresa.
La radicale illegittimità dell’avviso di accertamento in forza dell’art. 11, comma 3, quarto periodo, dello Statuto dei diritti del contribuente, a mente del quale “Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli”, azionata dal contribuente con l’impugnazione del medesimo atto ha trovato riscontro positivo sia nel primo che nel secondo grado del giudizio, e in quest’ultimo, in particolare, la CTR LAZIO ha riconosciuto “la necessità di dichiarare nullo per effetto del silenzio assenso determinatosi a seguito di interpello di ogni atto dell’Agenzia delle Entrate in contrasto con il silenzio assenso stesso”.
Testo della Sentenza
Commissione Tributaria Regionale Lazio n. 3649 del 20.11.2020
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con ricorso l’avviso depositato il […] […] ha impugnato l’avviso di liquidazione con cui l’Ufficio recuperava a tassazione il versamento dell’imposta concernente un contratto di cedolare ad uso foresteria per il quale aveva pagato solo la cedolare secca; eccepiva molteplici vizi concludeva per l’annullamento dell’avviso.
L’Ufficio si costituiva deducendo la non applicabilità della cedolare secca ai contratti disciplina per uso foresteria in quanto detta disciplina era applicabile solo ai contratti per uso abitazione stipulati tra persone fisiche non società.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma – dopo avere osservato che la delega per sottoscrivere l’avviso era stata emessa successivamente alla sottoscrizione dell’avviso stesso (quindi senza potere) – accoglieva il ricorso e condannava ad € 250,00 per spese di lite.
Avverso detta decisione ha preposto appello l’Ufficio chiedendone la riforma.
Controdeduce il contribuente
L’appello non è fondato.
L’impugnata sentenza non merita le censure formulate dall’Ufficio.
Invero, il Collegio rileva che la nuova delega prodotta dall’Ufficio solo in questo grado di indizio, riguarda un tema di indagine nuovo e, pertanto, inammissibile in appello.
Inoltre, va osservato che, nel merito, il contribuente aveva più volte sollecitato un chiarimento dall’Ufficio mediante l’esercizio del diritto di interpello – se cioè potesse applicarsi la cedolare secca per contratti tra persona fisica e Società – con totale assenza di ogni risposta da parte dell’Amministrazione; la mancata risposta all’interpello comporta la legittimità del comportamento richiesto dal contribuente. Ne consegue la necessità idi dichiarare nullo per effetto del silenzio assenso determinatosi: seguito di interpello ogni atto dell’Agenzia delle Entrate ini contrasto con il silenzio assenso stesso.
Le spese possono compensarsi stante la peculiarità della fattispecie.
Alla luce delle considerazioni che precedono, assorbito in esse ogni altro motivo, l’appello deve essere respinto e le spese compensate.
P.Q.M.
il Collegio respinge l’appello dell’Ufficio. Spese compensate. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 10.2.2020