Dimissioni volontarie, per giusta causa e del genitore: gli obblighi e i diritti del lavoratore

Punto Legale TOV


Le dimissioni rappresentano l’atto di risoluzione del rapporto di lavoro posto in essere dal dipendente, specularmente a quanto accade, dal lato del datore di lavoro, in ipotesi di licenziamento.

Il dipendente può infatti recedere dal rapporto in ogni momento, ai sensi degli artt. 2118 e 2119 c.c., con alcune precisazioni e, in taluni casi, al ricorrere di determinate condizioni: 

  • se il rapporto è a tempo determinato, il recesso prima della scadenza è consentito solo se sussiste una giusta causa; 
  • se invece il rapporto è a tempo indeterminato, il recesso è libero, ma il dipendente dovrà rispettare il periodo di preavviso previsto dal proprio Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, ad eccezione del caso in cui ricorra una giusta causa. 

 

Dimissioni volontarie e per giusta causa

La dimissioni possono essere volontarie o per giusta causa. 

Nel primo caso, l’atto risolutivo costituisce piena e libera espressione del dipendente che, per esempio, potrebbe aver trovato una nuova occupazione lavorativa o intenda smettere di lavorare oppure abbia raggiunto i requisiti per l’accesso la trattamento pensionistico. 

In caso di dimissioni per giusta causa, invece, la risoluzione del rapporto avviene in virtù di un atto unilaterale del lavoratore il quale trova però fondamento in una causa imputabile al datore di lavoro e che non consente la prosecuzione, nemmeno temporanea, del rapporto di lavoro. Secondo le ricostruzioni offerte dalla giurisprudenza, ricorre la giusta causa di dimissioni in ipotesi di: 

  • mancato o ritardato pagamento della retribuzione;
  • omesso pagamento dei contributi INPS e INAIL, a meno che ciò non sia stato accettato per lungo tempo dal dipendente;
  • mobbing o le molestie sessuali da parte del datore di lavoro o del superiore gerarchico;
  • demansionamento;
  • sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, in senso peggiorativo, per effetto del trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c. a condizione che vengano rassegnate nei tre mesi successivi;
  • gravi violazioni della disciplina in materia di salute e sicurezza che abbiano cagionato un pregiudizio in capo al dipendente;
  • pretesa del datore di lavoro di prestazioni illecite del dipendente, cioè in contrasto con la legge;
  • trasferimento del lavoratore presso una diversa sede di lavoro senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” di cui all’art. 2103 c.c..

La citata distinzione (fra dimissioni volontarie e per giusta causa) determina importanti effetti in punto di diritti ed obblighi del dipendente dimissionario.

In caso di dimissioni volontarie, il dipendente è tenuto a rispettare il preavviso, salvo optare per una risoluzione immediata del rapporto; in quest’ultimo caso, però, il datore dovrà trattenere dalle competenze di fine un importo pari all’indennità sostitutiva del preavviso non osservato, a meno che non sia disponibile a rinunciare ad operare detta trattenuta, in senso migliorativo per il dipendente dimissionario.

Inoltre, in caso di dimissioni volontarie, trattandosi di una cessazione volontaria del rapporto di lavoro, il dipendente non ha diritto alla NASpI.

In ipotesi di dimissioni per giusta causa, invece, la risoluzione del rapporto è immediata e il lavoratore ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso (proprio perché il motivo della risoluzione è imputabile al datore) ed altresì alla NASpI.

 

Forma delle dimissioni e procedura telematica

Quanto alla forma, per effetto della riforma dettata dall’art. 26 D. Lgs. 151/2015, le dimissioni devono essere effettuate, a pena di efficacia, esclusivamente in via telematica (da parte del dipendente personalmente o tramite patronati, organizzazioni sindacali o commissioni di certificazione) mediante i moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro, i quali andranno trasmessi al datore e alla sede dell’Ispettorato territorialmente competente.

Tale procedura è stata introdotta al fine di arginare le prassi illecite di c.d. dimissioni in bianco (precompilate dal lavoratore sin dal momento dell’assunzione o, comunque, prima dell’effettiva manifestazione di volontà di recedere dal rapporto), garantendo il riconoscimento certo del soggetto che le effettua e la data certa di trasmissione.

Sono sottratte alla procedura telematica le dimissioni rassegnate:

  • in una delle sedi protette previste dall’art. 2113, c. 4 c.c. (ossia davanti al giudice, alla commissione di conciliazioni operanti presso le sedi dell’Ispettorato, alle organizzazioni sindacali o alle commissioni di certificazione);
  • durante il periodo di prova;
  • nel lavoro domestico;
  • nel lavoro marittimo;
  • in caso di lavoratore genitore.

In ipotesi di dimissioni per giusta causa, è opportuno che il dipendente  motivi, al proprio datore, le ragioni di sussistenza della giusta causa, giacché il datore potrebbe contestare detta qualificazione e trattarle come dimissioni volontarie, sottraendosi dall’obbligo di pagamento del preavviso e trattenendo, specularmente, l’indennità sostitutiva dalle competenze di fine rapporto del dipendente.

In tali casi, qualora il dipendente voglia contestare l’operato datoriale, può instaurare un contenzioso nei confronti del proprio ex datore, allo scopo di ottenere l’accertamento della giusta causa di dimissioni e, dunque, la condanna del datore al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e alla restituzione dell’importo a tale titolo trattenuto.

Rassegnate le dimissioni telematicamente, il dipendente può esercitare il c.d. diritto al ripensamento entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo, con l’effetto di revocare le dimissioni stesse.

 

Le dimissioni del lavoratore genitore

Da ultimo, soggiacciono a particolari regole le dimissioni rassegnate dal lavoratore genitore, nei cui confronti sono previste specifiche tutele.

Innanzitutto, è prevista la necessità di convalida davanti all’Ispettorato territorialmente competente, per verificarne la genuinità e il carattere non coartato, in caso di dimissioni rassegnate da:

  • la lavoratrice madre durante il periodo di gravidanza;
  • la lavoratrice madre o dal lavoratore padre durante i primi tre anni di vita del bambino (o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento).

In tali casi il dipendente deve presentare richiesta alla sede dell’Ispettorato, producendo copia della lettera di dimissioni consegnata al datore, cui poi seguirà la convocazione personale del dipendente.

La convalida fa venir meno il diritto alla retribuzione sin dalla dichiarazione di recesso. 

Oltre a tali aspetti procedurali, le dimissioni del lavoratore genitore presentano delle peculiarità in punto di tutela economica, a condizione che vengano rassegnate nel corso del periodo di divieto di licenziamento, ossia:

  • in caso di lavoratrice in gravidanza/madre, dal 300° giorno prima della data presunta del parto sino al compimento di un anno del bambino;
  • in caso di lavoratore padre che fruisce del congedo di paternità, per la durata del congedo e sino al compimento di un anno del bambino.

Qualora le dimissioni vengano rassegnate dai citati soggetti e al verificarsi delle predette condizioni temporali, il dipendente dimissionario ha diritto:

  • all’indennità sostitutiva del preavviso, indipendente dal motivo addotto in sede di dimissioni;
  • alle altre indennità economiche previste dalle disposizioni di legge o di contratto in caso di licenziamento, compresa la NASpI.

Il periodo di copertura della tutela economica è dunque più limitato rispetto al periodo con riferimento al quale è previsto l’obbligo di convalida.

 

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