Danno ad un cavo interrato: quando sussiste la responsabilità ?

Le strade pubbliche sono attraversate da un numero elevato di cavi interrati (si pensi ai cavi della telefonia, fibra, energia elettrica, ecc.), installati nel corso degli anni, che si sovrappongono creando non poche difficoltà alle imprese che effettuano lavori stradali.
La normativa in materia è molto complessa e altamente tecnica per l’impatto che l’installazione delle condutture ha sulla vita quotidiana delle persone, perciò quando viene tranciato un cavo bisogna attivarsi subito.

Ma il soggetto che nell’eseguire un lavoro di scavo, su una strada pubblica, danneggia un cavo è sempre responsabile?

In altre parole, quando sussiste quella responsabilità oggettiva, sostenuta dai proprietari delle condutture nelle aule dei tribunali, a carico degli autori del danno?
Con la figura della responsabilità oggettiva si intende quella responsabilità di cui l’autore è chiamato a rispondere, a prescindere dalla colpa, come nell’ipotesi regolata dall’art. 2050 c.c.

Per le imprese che effettuano lavori di scavo, tuttavia, esiste un’attenuazione delle responsabilità, o addirittura un azzeramento delle stesse, se c’è un’imperizia per il mancato rispetto delle regole di installazione da parte dei proprietari delle condutture, trovando applicazione la disciplina contenuta nell’art. 2043 c.c.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

 A) Per quanto attiene all’autore del danno – che nella maggior parte dei casi sarà un’impresa autorizzata per quel lavoro dall’ente proprietario della strada – non è sempre responsabile  solo per il fatto di aver cagionato un danno ovvero non ci sarà una responsabilità oggettiva, a prescindere dalla colpa.

Ma sarà sicuramente chiamato a rispondere dei danni se non ha adottato una serie di prescrizioni, sia prima dello scavo sia nel corso dello stesso, indicate successivamente.

L’esecutore dell’opera deve osservare le seguenti prescrizioni minime:

1) Prima dello scavo: l’impresa deve chiedere le schede di installazione degli impianti agli enti preposti. Tale adempimento preliminare permette di conoscere in anticipo la posizione cavi interrati.

2) Durante lo scavo: l’impresa deve prestare la diligenza commisurata alla natura della prestazione richiesta. In altre parole, il lavoro deve essere eseguito con la perizia e la cautela richieste per un lavoro così delicato. In primis, prestare attenzione al nastro segnalatore.

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B) Per il proprietario dei cavi incombono tantissime prescrizioni normative, tra cui le più importanti sono:

1) l’art. 66, comma 3, del Regolamento di Attuazione del Codice della Strada il quale   statuisce che “la profondità, rispetto al piano stradale, dell’estradosso dei manufatti   protettivi degli attraversamenti in sotterraneo, deve essere previamente approvata dall’ente proprietario  della strada in relazione alla condizione morfologica dei   terreni e delle condizioni di traffico…. E comunque non può essere inferiore al metro”;

2) Norme CEI 11-17, rubricata: “Impianti di produzione, trasmissione e distribuzione   pubblica di  energia elettrica – Linee in cavo”. A titolo di esempio, assolutamente non  esaustivo, i cavi devono essere protetti da manufatto in cemento o in plastica (tubazioni), in grado di sopportare le prevedibili sollecitazioni derivanti dall’eventuale traffico veicolare, o da strumenti manuali di scavo (badili, picconi, ecc.), in relazione alla profondità di posa dei cavi.
I cavi devono essere segnalati, per tutta la loro lunghezza, da un nastro segnalatore-monitore, posto a non meno di 20 cm sopra i cavi stessi, in modo da rendere “evidente” la loro presenza in caso di successivi scavi;

Quindi alla domanda:  l’esecutore dell’opera è sempre responsabile?

La risposta, sulla scorta di quanto detto, non può essere netta, sarà compito del Giudice, investito della questione, valutare nel caso concreto le violazioni poste in essere, al fine di attribuire la responsabilità ai soggetti coinvolti.

Ma quando lo scavo è di grandi dimensioni cambia qualcosa?

Rispondiamo subito citando la Cassazione 10300/2007: “l’attività edilizia, soprattutto quando comporti rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o di spostamento di masse terrose e scavi profondi ed interessanti vaste aree, non può non essere considerata attività pericolosa ai fini dell’art. 2050″.

La giurisprudenza, in merito a quanto appena detto, è abbastanza pacifica.

Quindi, quando lo scavo è di grandi dimensioni rientriamo nell’ipotesi prevista dall’art. 2050 cc.il quale prevede che “Chiunque cagiona un danno ad altri, nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.”

Siamo quindi in presenza di una responsabilità oggettiva.
Nell’ipotesi menzionata, per non essere condannati a rispondere del danno, dobbiamo provare di aver adottato tutte le misure idonee a evitarlo.

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