Dott. Luca Procopio
CTR LAZIO n. 2400, depositata 30.7.2020
La Commissione Regionale laziale ha accolto il ricorso del contribuente sancendo che l’atto di verifica della condizione sospensiva di precedente contatto non è assoggettato ad imposta di registro.
Un contribuente stipula un atto di compravendita immobiliare sottoposto alla condizione sospensiva del mancato esercizio del diritto di prelazione da parte del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali. Avveratasi la condizione sospensiva, il notaio rogante l’atto di compravendita stipulava il conseguente “Atto di verifica della condizione sospensiva e quietanza”.
L’Agenzia delle entrate, con l’avviso di liquidazione impugnato, pretende dal contribuente il pagamento dell’imposta di registro proporzionale dell’0,50% sulla quietanza rilasciata nell’“Atto di verifica della condizione sospensiva” in forza dell’art. 6 della Tariffa Parte I del D.P.R. n. 131/1986.
Il contribuente, dal canto suo, contesta la pretesa impositiva ai sensi dell’art. 21, comma 3, del D.P.R. n. 131/1986 («Non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni nonché le quietanze rilasciate nello stesso atto che contiene le disposizioni cui si riferiscono»), in quanto «l’atto sottoposto a condizione sospensiva e il relativo atto di verifica della condizione costituiscono un unico atto di compravendita e la relativa quietanza deve intendersi contestuale e pertanto non soggetta ad imposta proporzionale dello 0,50 %».
Sia la CTP di Roma sia la CTR Lazio ritengono infondata la pretesa impositiva.
Nello specifico, i giudici di seconde cure hanno ritenuto non applicabile alla fattispecie concreta sottoposta al loro esame l’insegnamento proveniente dalla sentenza n. 16175/2017 della Suprema Corte di Cassazione, su cui l’Agenzia delle entrava fondava il proprio ricorso in appello, nella quale la tassazione della quietanza «è stata riconosciuta legittima sulla base di un principio ben preciso, e cioè che “la quietanza è contenuta in un atto diverso da quello che documenta le obbligazioni cui la quietanza si riferisce”».
Nel caso di specie, infatti, osserva la CTR LAZIO, «nell’atto ricognitivo sono pedissequamente riportate tutte le disposizioni negoziali relative alla compravendita, già enunciate nell’atto sottoposto a condizione, e cioè le caratteristiche catastali dell’immobile acquistato, il prezzo di vendita pattuito […] e quello individuato come base imponibile […] e le stesse condizioni di pagamento del prezzo», «con l’ulteriore specifica, come è ovvio, delle modalità con cui è stato regolato il pagamento» dell’ultima parte del prezzo, che già in forza del contratto di compravendita sarebbe dovuta essere corrisposta dal soggetto acquirente alla stipula dell’“Atto di accertamento della condizione sospensiva”.
Di conseguenza, il Collegio di secondo grado, prendendo atto che «non sussiste autonomia fra l’atto di verifica di avverata condizione e quello sottoposto a condizione sospensiva, dal momento che l’atto di verifica e la quietanza in esso contenuta si riferiscono a disposizioni negoziali (quelle relative alla compravendita dell’immobile sotto condizione) già riportate nello stesso atto di compravendita sotto condizione, che documenta le obbligazioni cui la quietanza si riferisce», conclude che nella fattispecie in esame «ai sensi dell’art. 21, comma 3 del DPR n. 131 del 1986, la quietanza in oggetto non andava soggetta ad imposta di registro».
Testo della sentenza
Commissione Tributaria Regionale Lazio n. 2400 del 30.7.2020
FATTO
Il signor […] ha stipulato un atto di compravendita sotto condizione sospensiva di un immobile sito in […], di interesse storico artistico e, pertanto, l’atto, stipulato il […], veniva sottoposto alla condizione sospensiva del mancato esercizio del diritto di prelazione in favore del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali.
In sede di prima registrazione, il contribuente ha corrisposto l’imposta di registro in misura fissa, oltre alle imposte ipotecarie e catastali.
Avveratasi la condizione sospensiva del mancato esercizio del diritto di prelazione, il notaio rogante […] stipulava in data […] un “Atto di verifica della condizione sospensiva e quietanza”, registrato presso l’Ufficio territoriale di Roma 3 in data […].
L’Ufficio, preso atto della dichiarazione attestante l’avveramento della condizione, ha provveduto a recuperare l’imposta proporzionale di registro (2%) dovuta sull’atto sospeso, tenendo conto di quanto già versato (in eccesso) dal Notaio sull’atto di verificata condizione.
Somme che il contribuente ha pagato per complessivi euro […].
Con avviso di liquidazione n. […], l’Ufficio ha applicato a quest’ultimo atto non soltanto l’imposta fissa di registro di euro 200,00, ma anche l’imposta proporzionale dello 0,50% sulla quietanza in esso rilasciata, per complessivi euro 3.725,00.
Il contribuente ha impugnato l’avviso di liquidazione, ritenendo non dovuta l’imposta sulla quietanza, ai sensi dell’art. 21 comma 3 del DPR n. 131 del 1986, in quanto, nel caso di specie, l’atto sottoposto a condizione sospensiva e il relativo atto di verifica della condizione costituiscono un unico atto di compravendita e la relativa quietanza deve intendersi contestuale e pertanto non soggetta ad imposta proporzionale dello 0,50 %.
Con sentenza n. […] la CTP di Roma ha accolto il ricorso affermando che non sussiste autonomia fra l’atto di compravendita sottoposto a condizione sospensiva e l’atto di verifica dell’avveramento della condizione, in ragione della necessaria connessione esistente tra i due atti.
Avverso tale sentenza ha proposto appello l’Agenzia delle Entrate, ritenendo pienamente legittima l’applicazione dell’imposta di registro sulla quietanza, e a tal fine ha citato quale precedente Cass. n. 16175 del 2017, sostenendo che il termine “quietanza” compare per la prima volta solo nell’atto ricognitivo di avveramento della condizione; che ciò dimostrerebbe la diversa finalità dei due atti, il primo di compravendita ed il secondo di quietanza del pagamento; che le modalità di pagamento del prezzo di acquisto sarebbero del tutto diverse da quelle descritte nell’atto di verificata condizione; infine, che, al pari di quanto riportato nella sentenza della Corte di cassazione richiamata, nel caso di specie la quietanza si riferisce a disposizioni che non si palesano contenute nel rogito notarile di compravendita sospeso, e ciò induce a ritenere che la quietanza abbia un valore autonomo rispetto al precedente atto di compravendita e vada autonomamente tassata.
Il contribuente non si è costituito.
RAGIONI GIURIDICHE DELLA DECISIONE
L’appello è infondato.
Le argomentazioni dell’Ufficio poggiano sul richiamo pedissequo ad un precedente della Corte di cassazione che non si attaglia al caso di specie, dal momento che, nella vicenda esaminata dalla Suprema Corte, si è in presenza non di una compravendita sottoposta a condizione sospensiva ma di un atto di ricognizione di una compravendita (di titoli azionari) già avvenuta precedentemente. La tassazione della quietanza, nel caso preso ad esempio, è stata riconosciuta legittima sulla base di un principio ben preciso, e cioè che “la quietanza è contenuta in un atto diverso da quello che documenta le obbligazioni cui la quietanza si riferisce”. Ebbene, se tale è il principio cui il giudice deve rifarsi per risolvere la controversia, ragionando a contrario, si può allora riscontrare che, nel caso di specie, quanto sostenuto nella citata sentenza non si verifica affatto: nell’atto ricognitivo sono pedissequamente riportate tutte le disposizioni negoziali relative alla compravendita, già enunciate nell’atto sottoposto a condizione, e cioè le caratteristiche catastali dell’immobile acquistato, il prezzo di vendita pattuito (euro […]) e quello individuato come base imponibile (euro […]) e le stesse condizioni di pagamento del prezzo. Al riguardo non si ravvisa discordanza in ordine a tali condizioni, avendo l’atto di compravendita sottoposto a condizione precisato che il pagamento del prezzo è stato regolato come segue:
A) “Quanto ad euro […] sono state già pagate con assegno bancario tratto su […] recante la clausola non trasferibile;
B) Quanto ad euro […] sono state pagate con assegno bancario tratto […] recante la clausola non trasferibile;
C) Quanto ad euro […] verranno pagate dalla parte acquirente alla parte venditrice, nel caso di mancato esercizio del diritto di prelazione nel termine di legge, contestualmente alla stipula dell’Atto di Accertamento della Condizione sospensiva di cui al precedente art. 2, anche mediante mutuo erogato da istituto bancario che sarà scelto dalla parte promittente acquirente tra istituti bancari primari a carattere nazionale o regionale, che metterà la somma a disposizione della parte venditrice, esperite le formalità necessarie ed in uso presso l’istituto stesso”.
Le medesime clausole sono riportate nell’atto di verifica della avverata condizione, con l’ulteriore specifica, come è ovvio, delle modalità con cui è stato regolato il pagamento del residuo prezzo (euro 490.000,00) ancora da corrispondere alla stipula dell’atto di compravendita, ma già espressamente indicato nell’atto condizionato fra le obbligazioni negoziali.
Da quanto premesso, pertanto, e facendo applicazione dei principi enunciati dalla sentenza della Suprema Corte richiamata da parte appellante, il Collegio deve riconoscere che non sussiste autonomia fra l’atto di verifica di avverata condizione e quello sottoposto a condizione sospensiva, dal momento che l’atto di verifica e la quietanza in esso contenuta si riferiscono a disposizioni negoziali (quelle relative alla compravendita dell’immobile sotto condizione) già riportate nello stesso atto di compravendita sotto condizione, che documenta le obbligazioni cui la quietanza si riferisce.
Per tale ragione, ai sensi dell’art. 21, comma 3 del DPR n. 131 del 1986, la quietanza in oggetto non andava soggetta ad imposta di registro.