Dott. Luca Procopio
CTR LAZIO n. 2403 del 31.07.2020
È inammissibile il ricorso per revocazione proposto ex art. 395, n. 4), del c.p.c. avverso una sentenza dei giudici di seconde cure che dichiara erroneamente tardivo e, quindi, inammissibile il ricorso in appello, qualora i medesimi giudici siano giunti a tale conclusione in conseguenza di un errore di diritto, avendo, invece, ben individuato la data di deposito della sentenza gravata e la data di notifica dell’atto processuale.
Oggetto della sentenza in esame, è un ricorso per revocazione proposto dall’Agenzia delle entrate in forza dell’art. 395, n. 4, del c.p.c. avverso una sentenza della stessa Commissione regionale che aveva dichiarato tardivo e, quindi, inammissibile, il ricorso in appello dell’Ente impositore notificato il 1.6.2016 avverso la sentenza dei giudici di prime cure depositata il 2.12.2015.
La CTR LAZIO dichiara inammissibile il ricorso per revocazione dell’Agenzia delle entrate, sulla base delle seguenti argomentazioni:
- è pacifico nella giurisprudenza di legittimità, che l’errore di fatto idoneo alla revocazione della sentenza emessa dai giudici di seconde cure ex art. 395, n. 4), del c.p.c. consiste in una falsa percezione della realtà, che abbia portato ad affermare o a supporre l’esistenza di un fatto incontestabilmente escluso dagli atti o dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto che risulti positivamente accertato dai medesimi atti e documenti, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito;
- non è, dunque, errore di fatto ai fini della revocazione l’errore di decisione, ossia l’errore nel ragionamento decisorio compiuto dal giudice nella valutazione e apprezzamento dei fatti processuali;
- nel caso di specie, la stessa Agenzia delle entrate evidenzia che i giudici di seconde cure nella sentenza revocata hanno correttamente individuato la data di deposito della sentenza appellata nel 2.12.2015 e la data di notifica del ricorso in appello nell’1.6.2016, con la conseguenza che la dichiarata tardività e inammissibilità dell’appello è frutto di un errore di diritto (in effetti l’appello scadeva venerdì 3.6.2016) – e non di una svista materiale immediatamente percepibile – che deve essere contrastato mediante ricorso per cassazione e non mediante ricorso per revocazione.
Tributario CTR LAZIO n. 2403, depositata 31.7.2020
FATTO E DIRITTO
Con atto notificato in data 24.05.2018, indi depositato in segreteria il 30.05.208, l’Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di Roma Territorio, ha proposto ricorso ex art. 395, c. 4, c.p.c. e art. 64 d.lgs. n. 546/92 per la revocazione della sentenza della .Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 7804/07 /2017, pronunciata in data 11.12.2017 e depositata il 19.12.2017 che ha dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, l’appello proposto dalla medesima Agenzia avverso la sentenza n. 25533/2015 della CTP che ha accolto il ricorso di xxxxxavverso l’avviso .di accertamento n. xxxxx, col quale l’Ufficio finanziario aveva provveduto alla revisione .del classamento di alcune unità immobiliari di sua proprietà, ritenendo che l’atto impugnato non fosse adeguatamente motivato.
L’Agenzia delle Entrate assume che la pronuncia impugnata sia censurabile e.x art. 395, n. 4, c.p.c. e art. 64 d.lgs. n. 546/92, avendo i giudici regionali commesso un errore revocatorio laddove hanno affermato che, giacché la sentenza di primo grado era stata depositata il 02.12.2015, l’appello risultava proposto oltre il termine di sei mesi, con conseguente decadenza dall’impugnazione, ai sensi dell’articolo 327, primo comma, c.g.c.
Segnatamente, i giudici regionali avrebbero erroneamente riscontrato la scadenza del termine di impugnazione, atteso che, dalla documentazione. allegata all’atto di appello, si rilevava chiaramente che esso era stato spedito 1’01.06.2016 – come rilevato anche dai giudici di appello – mentre il termine per impugnazione scadeva il 03.06.2016. Conseguentemente, il gravame dell’Ufficio era stato proposto tempestivamente, non essendo ancora decorso, alla data dell’l.06.2016, il termine lungo di sei mesi previsto dall’articolo 327 c.p.c., richiamato dall’art. 49 del D.Lgs. n. 546/92.
L’Agenzia ha quindi chiesto la -riforma della pronuncia impugnata nella parte in cui ha erroneamente dichiarato l’inammissibilità’ dell’appello per decadenza dall’impugnazione, e il conseguente accoglimento dell’appello originariamente notificato dall’ufficio avverso la sentenza n. 25533/2015 della CTP di Roma, con vittoria di spese di lite.
Si è costituito in giudizio il contribuente xxxxxx, il quale ha chiesto che il ricorso per revocazione fosse dichiarato inammissibile o rigettato, in quanto totalmente infondato in fatto e in diritto.
La causa è stata posta in decisione alla pubblica udienza del 19.11.2019 e la Commissione, all’esito della discussione orale, ha deciso come da dispositivo.
Il ricorso per revocazione della sentenza n. 7804/07 /2017 della CTR. del Lazio, proposto dall’Agenzia Delle Entrate ai sensi dell’art 395, n. 4, c.p.c., richiamato dall’art. 64 d.lgs. 546\92 è inammissibile
In base all’art. 395, n. 4, c.p.c., cit.,1e sentenze pronunciate in grado d’appello possono essere impugnate per revocazione se sono ”l’effetto di un errore di/atto risultante dagli atti o documenti della .causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
La revocazione ordinaria è un mezzo di gravame di carattere eccezionale e rappresenta un’impugnazione limitata e a critica vincolata, in quanto proponibile solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge.
Per quanto rileva in questa sede, l’errore di ?atto risultante dagli atti o documenti della causa deve consistere in un errore di percezione e non deve trattarsi di un errore di valutazione. In altri termini non deve consistere in un errore di giudizio , ma in un errore su un fatto non controverso sul quale la sentenza impugnata si è pronunciata, la cui verità è incontestabilmente esclusa, oppure errore su un fatto supposto inesistente, ma la cui verità invece, è positivamente stabilita e accertata.
Secondo il costante orientamento della S.C., l’errore previsto come motivo ai revocazione deve consistere in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti. e documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli atti e documenti medesimi risulti positivamente accentato ( ex plurimis, Cass. 27570/20+8;· Cass. 18278/2017; Cass. 25834/2016), sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia. del dibattito .processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito (Cass. 27622/2018}.
In generale, quindi, non è errore di fatto ai fini della revocazione l’errore di decisione, ossia l’errore nel ragionamento decisorio compiuto dal giudice (Cass.10887/2017), in quanto il fatto, di cui si tratta, deve consistere in un dato della realtà, di carattere oggettivo, che si pone al di fuori del giudizio, anche se ne costituisce un dato causale.
Si esclude, pertanto che si possa ricorrere all’istituto della revocazione qualora il giudice nel proprio iter motivazionale abbia-erroneamente valutato le prove documentali prodotte dalle parti.
La giurisprudenza di legittimità, difatti, afferma che “L’errore di fatto, che può dar luogo alla revocazione di una sentenza ex art. 395 n. 4 cod. pro.e. civ., non può consistere in un preteso inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ma deve essere il risultato di una falsa percezione della realtà in: ordine ad elementi decisivi del giudizio, vale a dire di una svista materiale immediatamente rilevabile, la quale abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto che obiettivamente non esiste, ovvero a considerare inesistente un fatto ‘che viceversa risulta positivamente accertato. Non è pertanto configurabile un tale errore nella valutazione, sia pure di fatto, da parte del giudice di atti, documenti o risultanze di causa, diversa dalla Valutazione degli stessi fatti, atti o documenti operata dalle parti in causa, poiché in tali ipotesi si è in presenza di un errore di giudizio, eventualmente denunciabile con ricorso per Cassazione, ma non con il rimedio della revocazione”. (Cass. 1982/5880, conf. Cass.,. 4805/81; Cass., 3143/81; Cass., 104/81)
Anche più recentemente la S.C. ha ribadito che l’errore di fatto “idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga a un’errata valutazione delle risultanze processuali; nello stesso senso Cass., 27570/2018, secondo la quale “L’errore di fatto,, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., deve consistere in una “svista” materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti di causa, sicché non rientrano nella relativa nozione le valutazioni giuridiche sulle risultanze processuali .
Tale circostanza .distingue il rimedio revocatorio dal ricorso per cassazione, il quale involge valutazioni in ordine ad un preteso inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ,che, dunque, integrano un errore di giudizio (Cass.1094/1998;Cass. 8118/1997; Cass. 443:1]199SJ.
Pertanto, nel caso in cui il ricorrente deduca, sotto la veste del preteso errore di fatto, l’ errato apprezzamento. da parte· del giudice di un motivo di ricorso – qualificando come errore di percezione degli atti di causa un eventuale err6re di valutazione sulla portata della doglianza svolta con l’originario ricorso – si verte in un ambito estraneo a quello dell’errore revocatorio, dovendosi escludere che un motivo di ricorso sia suscettibile di essere considerato alla stregua di un fatto ai sensi dell’art 395 c. 1 n. 4 cpc potendo configurare l’eventuale omessa o errata pronuncia in un errore in giudicando o in procedendo (Cass 5221\2019).
Consentono l’impugnazione per revocazione l’erronea identificazione della data di notificazione dell’atto introduttivo della controversia (Cass. 2712/2019), l’erronea considerazione della data di pubblicazione della sentenza ai fini della tempestività dell’impugnazione {C. 17393/2016) o l’erronea considerazione della data di consegna all’ufficiale giudiziario del ricorso per cassazione (C. 2610/2012).
Configura, invece, un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, che, dunque, integra un errore di giudizio eventualmente ,censurabile con_ ricorso per cassazione, l’aver tratto da delle risultanze processuali, che, dunque, integra .un errore di giudizio eventualmente, censurabile con ricorso per cassazione, l’aver tratto da elementi di fatto corretti, quali appunto la data di deposito della sentenza impugnata e di spedizione dell’atto di appello, l’errato conv:inciment9 che fosse inutilmente decorso il termine lungo per l’appello previsto dall’art. 327 c.p.c., richiamato dall’art·49 del D.Lgs. n. 546/92.
Per stessa ammissione dell’Agenzia ricorrente, i giudici regionali hanno correttamente . individuato nel giorno 02.12.2015 la data di deposito della sentenza di primo grado impugnata e nel giorno 01.06.2019. quella di spedizione per la notifica dell’atto di appello; ciononostante . · hanno ritenuto che l’appello fosse stato tardivamente proposto, dichiarandolo inammissibile.
Alla stregua dei principi fin qui esposti, è·evidente, dunque, come l’errore di fatto denunciato· dall’Agenzia delle Entrate – ovvero l’aver erroneamente _considerato scaduto il termine di impugnazione alla data di spedizione per la notifica dell’ atto di appello – non sia un errore di percezione ·di un fatto processuale obiettivamente ed immediatamente rilevabile dagli atti e documenti di causa, ma che si tratti; piuttosto, di un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali correttamente percepite, che integra un errore di giudizio eventualmente denunciabile con ricorso per cassazione, ma non con il rimedio della revocazione che va quindi dichiarato inammissibile.
Le spese processuali seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione dichiara inammissibile il ricorso per revocazione e condanna l’Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di Roma Territorio al pagamento delle spese del presente grado, liquidate in euro 1.500,00, oltre oneri di legge.