Dott. Luca Procopio
CTR LAZIO n. 2464 del 14.08.2020
La rettifica del corrispettivo pattuito nell’atto di vendita di un terreno deve essere motivata con riferimento ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data della medesima compravendita, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni e deve tener conto di eventuali vincoli espropriativi presenti sul medesimo terreno.
Dalla sentenza in esame, emerge che l’Agenzia delle entrate nell’avviso di rettifica e liquidazione di maggiori imposte di registro, catastale e ipotecaria emesso nei confronti di due contribuenti, in qualità di parti contraenti di una compravendita di terreni e ruderi, rettifica il valore venale in comune commercio identificato dalle medesime parti nel corrispettivo pattuito sulla base del valore a metro quadrato di terreni aventi la stessa natura e di una perizia elaborata internamente.
La CTR LAZIO, nell’accogliere il ricorso in appello dei contribuenti, annulla integralmente l’avviso di rettifica e liquidazione de quo svolgendo le seguenti considerazioni:
- l’Ufficio impositore ha violato sia l’art. 51, comma 3, del D.P.R. n. 131/1986 («Per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari l’ufficio del registro, ai fini dell’eventuale rettifica, controlla il valore di cui al comma 1 avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni […]») sia l’art. 7, comma 1, dello “Statuto dei diritti del contribuente” («Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati […] indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione»), in quanto esso nell’atto impositivo impugnato, oltre a richiamare una perizia interna, si è limitato ad indicare i terreni presi a termine di paragone, la relativa natura ed ubicazione, il loro asserito valore al metro quadrato e il riferimento temporale di quest’ultimo, senza specificare, da un lato, se i valori al metro quadrato dei medesimi terreni risultassero da contratti di compravendita e, nel caso, senza indicarne gli estremi, e, dall’altro, se anche i terreni assunti a confronto fossero gravati da vincoli espropriativi come quelli compravenduti dai contribuenti;
- essendo i terreni de quibus gravati da vincoli espropriativi «la stima più adeguata sarebbe stata quella di un possibile indennizzo di espropriazione».
Testo della Sentenza
Commissione Tributaria Regionale Lazio n. 2464 del 14.08.2020
FATTO E DIRITTO
Con ricorso proposto alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma xxxxxxxxxxxxxxx impugnavano l’avviso di liquidazione n. xxxxxxxxxxxxxxx emesso dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale Roma 3, relativo a maggiori imposte di registro, catastali ed ipotecarie pertinenti una compravendita di terreni e ruderi di fabbricati risalente al 2013.
A sostegno del ricorso deducevano la nullità dell’avviso, perché sottoscritto da dirigente dell’Agenzia resistente decaduto, la violazione dell’art. 7 dello Statuto del contribuente per mancata o insufficiente motivazione dell’atto, la violazione dell’art. 51 comma 3 e 52 comma 4 del D.P.R. 131 del 1986 per non aver adottato l’Agenzia le misure ed i metodi ivi previsti per la rettifica dei valori degli immobili compravenduti e concludevano per l’annullamento dell’atto impugnato.
L’Agenzia si costituiva in giudizio e sosteneva l’infondatezza del ricorso.
Con la sentenza n. 16329 del 5 luglio 2017 la Commissione Provinciale rilevava quanto al dirigente firmatario dell’avviso, il doti. xxxxxx che si trattava di dirigente dell’Agenzia dall’anno 2000 e non era tra i dirigenti decaduti per effetto della nota sentenza della Corte Costituzionale n. 3 7 /15.
Quanto al difetto di motivazione dell’avviso, era corretta l’eccezione della resistente, secondo la quale l’atto richiamato – PVC della Guardia di Finanza – in quanto pubblico ed agevolmente rintracciabile, non Doveva essere necessariamente allegato all1avviso di accertamento nella sua interezza.
Quanto alla violazione dei metodi per la rettifica dei valori immobiliari dell’atto di compravendita, l’Ufficio aveva redatto una perizia nella quale si confrontavano i prezzi di cinque terreni oggetto di altrettante compravendite siti in zona similare a quella in oggetto – zona di completamento Dragona – e si sono accertati i relativi valori, oscillanti tra € 15 ed € 20 al mq., ricavandosi una media di € 16,00 al mq. a fronte degli € 4,86 al mq. indicati nel rogito oggetto di accertamento e questa valutazione doveva ritenersi congrua e maggiormente rispondente ai reali valori di mercato.
Era poi da rilevare che i terreni oggetto del contratto, destinati all’esproprio, non erano classificabili come agricoli a tali fini e ricadevano in zona di completamento e più in particolare a verde pubblico, servizi e viabilità, ed era intuibile che il valore venale degli stessi in sede di esproprio, non avrebbe potuto in alcun modo essere assimilato a quello dei terreni agricoli, come attestato anche dal certificato di destinazione urbanistica allegati dai ricorrenti e rilasciato da Roma Capitale.
Quanto ai ruderi di fabbricati presenti, essendo accatastati come tali, sarebbero stati ricostruibili.
Il ricorso era quindi respinto. Con appello a questa Commissione Regionale notificato il 2 febbraio 2018 xxxxxxxxxxxxxxxxx impugnavano la sentenza e sostenevano in primo luogo che non era stata provata la qualifica dirigenziale di chi aveva sottoscritto l’avviso impugnato, né fornita eventuale prova della sussistenza di una delega; in secondo luogo ribadivano le critiche attinenti il difetto di motivazione, visto che la perizia prodotta dall’Ufficio era un mero atto interno che indicava dati senza fornirne la fonte, mentre la sentenza richiama un inesistente pvc della Guardia di Finanza; in terzo luogo la stima avrebbe dovuto seguire il dettato dell’art. 52 comma 4 D.P.R. 131 del 1986 non essendoci un indice di fabbricabilità o semmai i valori degli indennizzi da esproprio e quanto ai ruderi non potevano essere riedificati, ostandovi la normativa di piano; in quarto luogo l’Ufficio ha disapplicato l’art. 51 con una 3 D.P .R. 131 del 19 86 che richiede in queste fattispecie l’indicazione precisa di atti per beni similari risalenti a non oltre tre anni addietro e non perizie interne concernenti contratti non menzionati e non conosciuti.
Gli appellanti concludevano per la riforma della sentenza impugnata con vittoria di spese.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
All’udienza del 25 febbraio 2020 la causa è passata in decisione. L’appello deve essere accolto in primo luogo per la fondatezza del quarto motivo, in cui gli appellanti deducono la violazione dell’art. 51 comma 3 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131.
Detta norma recita testualmente che “Per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari l’Ufficio del registro, ai fini dell’eventuale rettifica, controlla il valore di cui al comma primo avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni. “
L’avviso di liquidazione menziona quale criterio motivazionale della stima effettuata ed ora in controversia un terreno di mq. 21.620 in Roma, località xxxx, con destinazione viabilità, valutato €. 15,00/mq, un terreno di mq. 28.942 in Roma, località xxxx, destinazione verde pubblico e servizi pubblici, valutato €. 15,00/mq, un terreno di mq. 3.272 in Roma, località xxxx con destinazione agricola di p.r.g., valutato €. 20,00/mq., un terreno di mq. 21.333 in Roma, località xxxx, con destinazione agricola di p.r.g., valutato €. 20,00/mq., un locale magazzino di mq. 89, posto al piano terra di un fabbricato rurale di due piani in Fiumicino, località xxxx, valutato €. 400/mq. Di tali elementi di confronto si cita I ‘”incarico” e il riferimento temporale, tra il 1^ semestre 2011 ed il 1 ° semestre 2012 e non viene menzionato se si tratta di un contratto e se realmente tale, non se ne indicano gli estremi, oppure una perizia valutativa derivata da una operazione non meglio qualificata.
La legge, come si è visto, cita come parametri di base trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie ed in questa circostanza nulla è dato apprendere: dunque, oltre alla violazione dell’art. 51 comma 3 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, sussiste altresì il difetto di motivazione che sancisce di illegittimità ai sensi dell’art. 7 1. 27 luglio 2000 n. 212, che estende agli atti dell’Amministrazione finanziaria gli obblighi di cui all’art. 3 1. 241 del 1990 e che vincola gli Uffici ad indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.
Va altresì precisato che il terreno compravenduto ed oggetto dell’avviso di liquidazione era gravato da vicoli espropriativi e dunque la stima più adeguata sarebbe stata quella di un possibile indennizzo da espropriazione. )
L’appello deve dunque essere accolto con la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso introduttivo.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez.8, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie. Condanna l’Ufficio al pagamento delle spese per ambedue i gradi di giudizio liquidandole in complessivi €. 2.000,00 oltre agli accessori di legge.