Avv. Giuseppe Mappa
Ctp Napoli 5232\2020, depositata il 08 luglio 2020
La notifica a mezzo pec di un atto esattivo da parte del Concessionario con l’utilizzo di un indirizzo Pec diverso da quello contenuto nel pubblico Registro IPA rende inesistente e priva di ogni effetto giuridico la notifica e l’atto che si assume cosi’ illegittimamente notificato.
La Commissione Napoletana conferma che il Concessionario , ove intenda notificare l’atto esattivo a mezzo Pec, deve utilizzare, solo e soltanto, l’indirizzo Pec certificato e presente nei pubblici registri ; in difetto, la notifica e l’atto sono da qualificarsi inesistenti e privi di ogni efficacia giuridica.
TESTO DELLA SENTENZA
Commissione Tributaria Provinciale di Napoli 5232 del 08 luglio 2020
MOTIVAZIONE
Al riguardo, il ricorrente evidenzia che l’Agente per la riscossione ha adoperato una casella di posta elettronica certificata diversa da quelle censite nel pubblico registro (l’indirizzo ufficiale presente in IPA è protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it mentre quello utilizzato è notific.acc.campania@pec.agenziariscossione.gov.it): non avendo l’Ufficio contro dedotto alcunché a tale riguardo, la circostanza può ritenersi provata.
Orbene, al fine di valutare l’incidenza di questo dato sulla ritualità dell’iter notificatorio è opportuno soffermarsi brevemente sul quadro normativa vigente in materia.
Invero, la possibilità di eseguire per via telematica le notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali è contemplata già dall’art. 3 bis L. 53/94 laddove sancisce che “la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione,
la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da
pubblici elenchi”.
L’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (”Codice dell’amministrazione digitale”) prevede che “al fine di favorire la presentazione di istanze, dichiarazioni e dati, nonché lo scambio di informazioni e documenti tra la pubblica amministrazione e le imprese e i professionisti in modalità telematica, è istituito, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, il pubblico elenco denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico”;
il successivo art. 6 ter, rubricato “Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi”, stabilisce poi che “al fine di assicurare la pubblicità dei riferimenti telematici delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi è istituito il pubblico elenco di fiducia denominato “Indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi”, nel quale sono indicati i domicili digitali da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati”, disponendo al comma 3 che “le amministrazioni di cui al comma l e i gestori di pubblici servizi aggiornano gli indirizzi e i contenuti dell’Indice tempestivamente e comunque con cadenza almeno semestrale
Ancora, l’art. 5 D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 sancisce poi che “Le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale, sono tenute a depositare, presso l’ufficio del registro delle
imprese competente, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata”.
In tema di notifica a mezzo PEC, l’art. 16-ter del D.L. 179/2012, convertito in Legge n.221/2012 recita testualmente: “a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto”, ovvero “IPA”, “Reginde”, “Inipec”.
L’art. 26 D.P.R. n. 602/73 infine, dispone che “La notifica della cartella puo’ essere eseguita,con le modalita’ di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo
posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INIPEC,
all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta”
Dal richiamato quadro normativo emerge incontestabilmente che il legislatore abbia ripetutamente sancito la necessità che l’attività di notifica avvenga mediante l’utilizzo di indirizzi di
posta elettronica risultanti dai pubblici elenchi: ciò, evidentemente, al fine di assicurare la necessaria certezza sulla provenienza e sulla destinazione dell’atto notificando
Tale esigenza procedurale è stata ribadita dalla Suprema Corte che, in materia di notifica di atti civili, con la recente ordinanza n. 17346/19 ha osservato che la notifica effettuata con modalità telematiche è da considerarsi viziata se il notificante utilizza un “indirizzo di posta elettronica certificata” non risultante da pubblichi elenchi a mente dell’art. 3-bis L. 53/94.
Il principio, ad avviso del Collegio, può essere esteso al procedimento tributario e quindi va ritenuta l’illegittimità del debito erariale imputato al cittadino quando la casella PEC adoperata dali ‘Ente della Riscossione in sede di notifica delle cartelle esattoriali è collegata ad un soggetto che non si conosce, e cioè da un indirizzo PEC diverso da quello contenuto nei pubblici registri.
In sostanza, dai documenti versati in atti dall’esattore è emerso il fatto storico inconfutabile che la cartella di pagamento è stata trasmessa da un indirizzo PEC differente da quello contenuto nel pubblico registro (IP A) per la notifica dei provvedimenti esatti vi di natura tributaria: tale modalità notificatoria risulta in contrasto con la richiamata normativa, pertanto la contestata notifica deve ritenersi priva di effetti giuridici.