Contratto preliminare: la data di stipula dell’atto definitivo

In ogni contratto preliminare che si rispetti viene sempre indicato dai contraenti un termine entro il quale gli stessi dovranno stipulare il contratto definitivo.

Ma cosa succede se quel termine decorre senza che l’atto venga stipulato?

In questo caso, la prima cosa da fare è leggere attentamente, con l’ausilio di un professionista, il contratto preliminare al fine di accertarsi se il termine per la stipula del definitivo è stato convenuto come “termine essenziale” oppure come “termine semplice”.

Ciò in quanto le conseguenze legali sono molto diametralmente opposte a seconda del tipo di termine contrattualmente pattuito.

Infatti, qualora il termine per la stipula del definitivo fosse di carattere “semplice” (e quindi non essenziale), in caso di inosservanza di una parte del termine di sottoscrizione dell’atto definitivo, quest’ultima dovrà considerarsi in mora, ad ogni effetto di legge, ma il preliminare sottoscritto resterà ancora vincolante tra le parti.

Cosa si intende per “termine essenziale”?

Innanzitutto bisogna chiarire che quando si parla di termine “essenziale” del contratto preliminare (ma in realtà di qualunque contratto) ci si riferisce ad un termine di “adempimento”.
Vale a dire un termine che riguarda l’esecuzione della prestazione che le parti contraenti si sono reciprocamente impegnate ad eseguire.
Per comprendere tale tipologia di termine dobbiamo prendere le mosse dall’articolo 1457 del codice civile.

Secondo tale norma, se il termine fissato per la prestazione di una parte deve considerarsi come “essenziale” nell’interesse dell’altra parte contraente, quest’ultima – a meno che non sia stato pattuito diversamente o sussista un uso contrario – se vuole ottenere dalla controparte la prestazione nonostante la scadenza del termine, deve dargliene notizia entro tre giorni.

È quindi agevole comprendere che il termine è essenziale quando può considerarsi tale in base all’interesse di uno dei contraenti e che la sua “essenzialità” è una caratteristica che dovrà risultare espressamente dal contratto preliminare.

Nella pratica tuttavia non è sempre agevole andare ad individuare la presenza di un termine essenziale nell’ambito di un contratto preliminare.

Infatti, ogni valutazione al riguardo si traduce sempre in una questione di interpretazione della volontà delle contraenti e quindi di approfondimento delle varie clausole contrattuali.

Inoltre quando parliamo di volontà espressa dobbiamo necessariamente riferirci ad una volontà ben precisa, inequivocabile e certa.
Per cui, al fine di dedurre in contratto un termine essenziale, non sarà minimamente sufficiente introdurre nel preliminare frasi del tipo “il contratto definitivo sarà stipulato entro e non oltre il giorno….” o formule equivalenti.

Occorrerà infatti la chiara precisazione che alla scadenza del termine pattuito in contratto quest’ultimo si intenderà irrimediabilmente risolto in ragione di un particolare interesse e/o esigenza legata ad uno dei contraenti.

A riprova di quanto detto interviene anche il pacifico orientamento della giurisprudenza che, in tema di contratto preliminare, stabilisce che il termine pattuito per la stipula dell’atto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale il cui mancato rispetto legittima la risoluzione del contratto.

In realtà, tale termine può ritenersi essenziale, ai sensi dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di un’indagine condotta dal giudice sulle espressioni utilizzate dalle parti nel contratto sottoscritto ma, soprattutto, sulla natura e l’oggetto del contratto stesso, risulti inequivocabile la volontà delle parti medesime di considerare ormai perduta ogni utilità economica dell’adempimento con l’inutile decorso del termine pattuito.

In ogni caso, poiché il termine essenziale viene di regola considerato in ambito contrattuale come “eccezionale”, in caso di dubbi sull’interpretazione della clausola all’uopo inserita nel preliminare, è opportuno escludere la funzione eccezionale del termine stesso.

Collabora con UniversoLegge.it

Come funziona nella pratica?

Una volta intervenuta la scadenza del termine essenziale per il definitivo, la parte che non ha ottenuto la prestazione acquista automaticamente il diritto di risolvere il contratto preliminare.

Tuttavia, per esercitare tale diritto non si renderà necessario fare alcunché per almeno tre giorni consecutivi dalla scadenza del termine indicato.

In altri termini, occorrerà semplicemente serbare silenzio nei confronti del contraente inadempiente.
Ciò in quanto tale silenzio dovrà interpretarsi, per legge, come ferma intenzione di voler risolvere il preliminare e di non voler esigere la controprestazione o l’equivalente della controprestazione medesima ai sensi dell’art. 1218 c.c.

Tuttavia, è bene precisare, che la parte nei cui confronti è stato inserito il termine essenziale di stipula del definitivo potrà sempre manifestare, nei confronti dell’inadempiente, la propria intenzione di risolvere il contratto anche prima che sia trascorso il citato periodo di tre giorni previsto dall’articolo 1457 c.c.

Insomma, quando si è in presenza di un termine essenziale nell’ambito di un preliminare, la risoluzione di quest’ultimo è direttamente legata alla sola volontà della parte insoddisfatta.

Nel caso in cui, invece, una volta decorso il termine essenziale per il definitivo, il contraente insoddisfatto non intenda richiedere la risoluzione del preliminare e neppure attendere il termine di tre giorni per la risoluzione automatica dello stesso, lo stesso potrà sempre esigere dalla controparte inadempiente la prestazione convenuta in contratto.

Ciò non significa che, nell’ipotesi soprindicata, il contraente insoddisfatto abbia concesso una sorta di proroga alla parte inadempiente, in quanto il termine essenziale dovrà in ogni caso ritenersi scaduto.

Al contrario, persisterà la condizione di mora della parte inadempiente con pedissequa applicazione delle norme in materia d risarcimento del danno e di inadempimento contrattuale.

Dall’altro lato, la parte inadempiente, se sono decorsi i tre giorni dalla scadenza del termine essenziale indicato nel preliminare, ed l’altro contraente non ha proferito parola, avrà la certezza che non gli potrà essere più richiesto l’adempimento tardivo della prestazione.

Inoltre, una volta che il contraente insoddisfatto abbia richiesto alla parte inadempiente l’esecuzione tardiva della prestazione, il termine che prima era essenziale non può più considerarsi tale in quanto per la fissazione di un nuovo termine essenziale si renderà imprescindibile un nuovo accordo espresso tra le parti.

Ciò significa che se ad esempio, scaduto il termine essenziale per la stipula del definitivo, il contraente diligente comunica di volere ancora addivenire alla stipula imponendo alla parte inadempiente un altro termine per l’adempimento, tale termine dovrà necessariamente considerarsi semplice.

La clausola risolutiva espressa è un’altra cosa

Non bisogna confondere la previsione di un termine essenziale di adempimento con la clausola risolutiva espressa.
Quest’ultima è disciplinata dall’art. 1456 c.c..

Le differenze tra le due figure previsioni contrattuali possono sintetizzarsi in due punti.

Nel caso in cui le parti convengano l’introduzione di una clausola risolutiva espressa, la risoluzione del preliminare si verificherà soltanto nel momento in cui il contraente diligente avrà comunicato alla parte inadempiente di voler avvalersi della clausola medesima.

Infatti la norma di cui all’art. 1456 c.c. recita testualmente che i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite.
In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva.

Nel caso invece di previsione di un termine essenziale di adempimento, la risoluzione del preliminare si verificherà soltanto nel momento in cui sarà scaduto il termine di tre giorni successivi alla scadenza prevista in contratto.
In pratica, a differenza della clausola risolutiva espressa, nel caso di termine essenziale, la parte inadempiente non ha sempre la possibilità di  adempiere tardivamente la propria prestazione ma dovrà ricevere l’assenso da parte della controparte diligente.

Sotto altro profilo, le due figure si differenziano per il fatto che per l’operatività della clausola risolutiva espressa si rende necessaria una apposita manifestazione di volontà del contraente diligente, mentre nel caso di previsione del termine essenziale la risoluzione presuppone il silenzio di quest’ultimo.

 

Condivi con:
STAMPA