Consulenza tecnica di parte: si può depositare anche in appello? E che valore probatorio ha?

Avv. Giuseppe Gentile

La giurisprudenza ha in più occasioni affermato che un elaborato tecnico di parte sfugge al regime preclusivo di cui all’art. 183 c.p.c.

Si pensi, ad esempio, ad una consulenza medico legale in un giudizio di risarcimento danni per responsabilità medica, ovvero ad una perizia calligrafica in merito all’impugnazione di un testamento o ancora ai rilievi critici al test del DNA nell’ambito di una causa di disconoscimento e/o riconoscimento di paternità.

Ebbene simili documenti, dal contenuto prettamente tecnico-scientifico, possono essere depositati in giudizio ben oltre i termini di cui all’art. 183 c.p.c.

In particolare, in deroga al disposto dell’art. 345 c.p.c., possono essere prodotti anche in sede di gravame.

Ed infatti come acclarato in plurime sentenze della Corte di Cassazione (anche a Sezioni Unite), la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio.

Per tali ragioni, la sua produzione, essendo sottratta al divieto di cui all’art. 345 c.p.c., deve ritenersi consentita ed ammissibile anche in appello.  (cfr. Cass. civ. Sez. Unite Sent., 03/06/2013, n. 13902; Cass. civ. Sez. II Ord., 24/08/2017, n. 20347; nello steso stesso, in precedenza, Cass., 21 febbraio 1975, n. 662; Cass., 9 maggio 1988, n. 3405).

In linea con le citate pronunce si pone altresì un ulteriore sentenza della Cassazione (Cass. civ. Sez. II, 03-05-2018, n. 10511) nel cui percorso argomentativo è ribadito che:

“A tal fine occorre ricordare l’orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 17629/2014) per il quale la nomina di un tecnico di fiducia costituisce esercizio del diritto costituzionale di difesa che non può tradursi in un obbligo, nè in una preclusione temporale a prospettare critiche o a richiedere chiarimenti rispetto all’indagine svolta dal consulente tecnico di ufficio, sicchè la parte può presentare osservazioni critiche alla relazione di quest’ultimo pur quando non abbia tempestivamente designato un proprio consulente.”

Inoltre (cfr. Cass. n. 259/2013 cit.), la consulenza tecnica di parte, costituendo una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico priva di autonomo valore probatorio, può essere prodotta sia da sola che nel contesto delle difese scritte della parte e, nel giudizio di appello celebrato con il rito ordinario, anche dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, ben potendosi addirittura fondare il convincimento del giudice su di una consulenza tecnica stragiudiziale (cfr. ex multis Cass. n. 12411/2001; Cass. n. 5444/1999).

 

Valore probatorio della consulenza tecnica di parte

Gli ultimi rilievi esposti ci consentono di collegarci al secondo quesito posto in questa sede con specifico riferimento al valore probatorio da attribuire all’elaborato peritale di parte.

A tal proposito è stato affermato dalla Cassazione (Cass. civ. Sez. III, 26/09/2006, n. 20821) che poiché la consulenza stragiudiziale è una semplice allegazione difensiva, di carattere tecnico, il giudice di merito può disattenderne le conclusioni senza obbligo di analizzarle e confutarle, e senza perciò incorrere in vizio di motivazione.

Ciò in quanto i dati e le circostanze riportati nella consulenza tecnica di parte non sono acquisiti alla causa attraverso prove orali o documentali;

Il giudice tra l’altro non è tenuto, anche a fronte di esplicita richiesta di parte, a disporre nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i suoi poteri ordinatori, sicché non è neppure necessaria espressa pronunzia sul punto, quando risulti, dal complesso della motivazione, che lo stesso giudice ha ritenuto esaurienti i risultati conseguiti con gli accertamenti svolti.

Conforme la ulteriore sentenza della Suprema Corte (Cass. civ. Sez. III Sent., 29/01/2010, n. 2063) secondo la quale il giudice di merito non è tenuto ad analizzare e a confutare il contenuto della consulenza tecnica di parte quando pone a base del proprio convincimento considerazioni con essa incompatibili e conformi al parere del proprio consulente.

Analogamente, nel giudizio diretto ad ottenere una sentenza dichiarativa di paternità naturale, nel caso in cui sia stata acquisita una consulenza sul DNA, espletata da un esperto al di fuori del processo su concorde richiesta delle parti, il giudice, ove non siano allegate specifiche ragioni tecniche e scientifiche, non è obbligato a disporre una consulenza tecnica di ufficio per il solo fatto della natura stragiudiziale della perizia acquisita (Cass. civ. Sez. I Sent., 24/12/2013, n. 28649).

Vedasi però, sull’argomento, il decisum della Cassazione (Cass. civ. Sez. I, 20/05/2005, n. 10668) secondo cui:

“Il giudice del merito non è tenuto a giustificare diffusamente le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ove manchino contrarie argomentazioni delle parti o esse non siano specifiche, potendo, in tal caso, limitarsi a riconoscere quelle conclusioni come giustificate dalle indagini svolte dall’esperto e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione; non può, invece, esimersi da una più puntuale motivazione, allorquando le critiche mosse alla consulenza siano specifiche dettagliate e non generiche, tali cioè, se fondate, da condurre ad una decisione diversa da quella adottata.”

Enunciando il principio di cui in massima, in un giudizio di determinazione dell’indennità di espropriazione, nel quale era stata posta in discussione dalle parti la natura, edificatoria o agricola, del suolo espropriato, con riferimento, in particolare, alle normative ed alle previsioni urbanistiche applicabili, ai criteri da adottare – edificabilità legale o di fatto – e alla tipizzazione della zona in cui il detto suolo era situato, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio, per vizio di motivazione, la sentenza impugnata.

In quest’ultima infatti il giudice del merito si era limitato ad affermare la sussistenza del carattere edificatorio di quel suolo sulla base del mero richiamo alle conclusioni della consulenza tecnica, ad onta delle specifiche contestazioni mosse a quest’ultima, omettendo assolutamente di indicare le ragioni di tale convincimento attraverso il riferimento a strumenti urbanistici, a criteri legali o a situazioni concrete idonei a giustificare detta natura (conformi alla massima Cass. civ. Sez. III, 19/06/2015, n. 12703 nonché Cass. civ. Sez. I Ord., 09/10/2017, n. 23594).

 

 

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