Cassazione: l’assegno bancario privo di data vale come promessa di pagamento

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento (testo integrale in calce), ritorna sulla questione relativa all’efficacia dell’assegno bancario che non rechi la data di emissione.

Più in particolare, la Corte affronta la problematica inerente l’idoneità dell’assegno bancario privo di data a fungere da promessa di pagamento.

Ebbene, sul punto, il Supremo Consesso considera preliminarmente errate le deduzioni fatte dal giudice di merito nel precedente giudizio il quale non aveva riconosciuto al cennato titolo di credito l’efficacia della promessa di pagamento.

A tal fine, la Corte rifacendosi all’orientamento giurisprudenziale consolidato sostiene che “l’emissione di un assegno bancario in bianco o postdatato […] è contrario alle norme imperative e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti”». 

Tuttavia la Cassazione aggiunge che la nullità del patto di garanzia intercorso tra le parti dirette dell’assegna qualifica comunque la firma sul titolo in termini di promessa di pagamento.


Corte di Cassazione

Civile Ord. Sez. 2

Num. 19051  del 06.07.2021

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale dì Torino, con ordinanza del 6 ottobre 2014, accolse la domanda proposta nel 2011 da Rocco Murvana nei confronti di Marco ()tizio, di pagamento della somma di lire 60.000.000 – pari ad euro 30.987,41 – a titolo di restituzione del mutuo erogato nel corso dell’anno 2002.

2. La Corte d’appello di Torino, con sentenza pubblicata il 2 maggio 2016, ha accolto l’appello proposto da Marco Orizio.

2.1. Secondo la Corte territoriale, gli assegni bancari rilasciati a garanzia da Orizio a Murvana (10 assegni di lire 6.000.000 ciascuno), in quanto privi di data e luogo di emissione, non potevano integrare promessa di pagamento, con la conseguenza che l’onere della prova del mutuo era rimasto a carico del preteso mutuante. In esito all’esame delle prove, la stessa Corte ha poi ritenuto che era rimasta indimostrata la dazione della somma a titolo di mutuo.

3. Rocco Murvana ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di un motivo, al quale resiste Marco Orizio con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità della camera di consiglio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, 1343 e 1988 cod. civ., in riferimento all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. assumendo che la Corte di appello di Torino sarebbe incorsa in errore nel ritenere che l’assegno privo di data emesso a favore di un beneficiano a titolo di garanzia sia inidoneo a valere quale riconoscimento di debito o promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 cod. civ.

2. Il motivo è fondato.
2.1. Risulta pacifico in atti che i 10 assegni bancari, dell’importo di 6.000.000,00 lire ciascuno, furono emessi da Orizio a favore di Murvana senza data e luogo di emissione.

La Corte d’appello ha escluso di poter riconoscere ai predetti titoli l’efficacia della promessa di pagamento, richiamando il principio consolidato secondo cui «l’emissione di un assegno bancario in bianco o postdatato […] è contrario alle norme imperative e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti […]» (così in massima Cass. 22/11/2013, n. 26232).

È vero, al contrario, che il rilievo della nullità del patto di garanzia intercorso tra le parti dirette dell’assegno «apre la via alla (sostitutiva e residuale) qualificazione della firma di traenza in termini di promessa di pagamento» (così, in motivazione, Cass. 24/10/2019, n. 27370; v. tra le altre, Cass. 24/05/2016, n. 10710; Cass. 15/09/1998, n. 9181; Cass. 19/04/1995, n. 4368).

3. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale provvederà a riesaminare la domanda alla luce del consolidato principio di diritto secondo cui «l’assegno bancario privo di data è un titolo nullo e, nei rapporti diretti tra traente e prenditore, deve essere considerato una promessa di pagamento a norma dell’art. 1988 cod. civ., implicando di conseguenza, la presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto sottostante, fino a che l’emittente non fornisca la prova dell’inesistenza, dell’invalidità o dell’estinzione di tale rapporto».

Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino, diversa sezione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 25 febbraio 2021.

 

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