Cassazione 2020: prelievi abusivi dal bancomat. Chi è responsabile, la banca o il correntista?

Avv. Pino Cupito

L’ipotesi analizzata dalla recentissima ordinanza della Corte di Cassazione può essere sintetizzata come segue.

Marito e moglie sono cointestatari di un conto corrente e sono possessori di una carta bancomat. Improvvisamente, si accorgono che sul loro conto corrente mancano alcune somme a causa di operazioni di prelievo non autorizzate.

Quindi i coniugi denunciano alla banca l’accaduto chiedendo l’immediato blocco della carta e di essere al contempo tenuti indenni (mediante il rimborso delle somme illegittimamente prelevate), da parte dell’istituto di credito, dalle fraudolente operazioni di prelievo compiute da terzi sconosciuti a loro insaputa.

Dinanzi a tali richieste la banca si rifiuta di adempiere e i due coniugi sono costretti a fare causa chiedendo il ristoro integrale delle somme furtivamente e abusivamente prelevate dal conto corrente.

 

La responsabilità della banca secondo la Cassazione

Nell’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ribadisce un principio giurisprudenziale abbastanza consolidato in materia di indebito uso del bancomat da parte di soggetti diversi dal correntista e non autorizzati.

In particolare, la Corte si sofferma sulla responsabilità dell’istituto di credito quale soggetto che eroga “professionalmente” servizi di pagamento.

Per gli Ermellini, il rischio professionale che grava in capo alla banca ricomprende necessariamente anche la possibilità che la password e i dati di accesso al conto corrente possano essere illegittimamente sottratti ed utilizzati da terzi in modo del tutto fraudolento, abusivo e in spregio alla volontà del titolare.

In altri termini, la banca, proprio in quanto soggetto che professionalmente garantisce le transazioni economiche ai propri correntisti, è tenuta a sopportare il rischio che possano essere effettuate, all’insaputa di questi ultimi, operazioni abusive di prelievo dai conti correnti da parte di terzi malintenzionati.

L’importante è che tali fraudolente operazioni non siano in alcun modo riconducibili al dolo o alla colpa grave del correntista ovvero ad atteggiamenti oltremodo incauti dell’utente medesimo.

Per la giurisprudenza, infatti, alla banca è richiesta una “diligenza di natura tecnica” ovvero una diligenza che va valutata secondo i parametri dell’“accorto banchiere”.

E sotto il profilo processuale, tali conclusioni determinano delle conseguenze pratiche tutt’altro che irrilevanti per il correntista che intende agire per il ristoro dei propri diritti.

Nello specifico, in un’ipotesi come quella in esame (ovvero quella del prelievo abusivo dal conto corrente senza il consenso del titolare), sarà la banca a dover fornire giudizialmente la prova che l’operazione sospetta sia riconducibile alla volontà e all’attività del correntista e non a quella di terzi non autorizzati (Cass. Civ. n. 2950/2017).

Tale orientamento giurisprudenziale ritrova la propria conferma normativa anche nell’art. 10, comma 1, del Decreto Legislativo n. 11/2010 il quale stabilisce espressamente che:

“Qualora l’utilizzatore di servizi di  pagamento neghi  di  aver autorizzato un’operazione di pagamento già eseguita o sostenga  che questa non sia stata correttamente eseguita, è onere del  prestatore di servizi di pagamento provare  che  l’operazione  di  pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e  contabilizzata e che non ha subito le conseguenze  del  malfunzionamento  delle  procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti.

Quando l’utilizzatore neghi di aver autorizzato un’operazione di pagamento eseguita, l’utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l’operazione sia stata autorizzata dall’utilizzatore medesimo, né che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave ad uno o più degli obblighi di cui all’articolo 7”.

Inoltre, chiarisce la Cassazione, il rapporto tra la banca e il cliente è di natura contrattuale e pertanto assume rilievo all’art. 1176 c.c. secondo il quale nell’adempiere la propria obbligazione il debitore deve usare la diligenza del “buon padre di famiglia”, ed ancora, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale (come appunto quella bancaria), la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

Stante la norma sopra richiamata, deve dunque escludersi la responsabilità della banca nel caso in cui le operazioni di prelievo sul conto corrente da parte di terzi siano state eseguite per “colpa grave” o “dolo” del correntista.

E un’ipotesi di tal specie è tutt’altro che infrequente. Basti considerare ai casi in cui, a fronte di illegittimi prelievi dal conto corrente da parte di terzi non autorizzati, l’utente si disinteressi totalmente di eseguire gli opportuni controlli sugli estratti conto o sugli avvisi (sms alert) che la banca periodicamente e ad ogni operazione invia ai propri clienti.

Senza alcuna pretesa si esaustività ma volendo comunque tirare le fila del discorso, in sostanza, per la Corte di Cassazione:

  1. grava sulla banca l’onere di diligenza volto ad impedire che malintenzionati possano porre in essere abusive operazioni di prelievo sui conti correnti degli utenti ignari;
  2. grava sulla banca l’obbligo di dimostrare che il prelievo non è opera dei terzi ma è riconducibile alla volontà e alla deliberata attività del cliente;
  3. il correntista subisce le conseguenze dell’operazione fraudolente e quindi la perdita economica se, per colpa grave o per dolo, ha adito o ha aggravato il prelievo illegittimo.

Ragion per cui, in sede processuale, sarà inesatto richiedere al correntista di dimostrare di aver regolarmente custodito e non ceduto a terzi la carta bancomat ed il relativo PIN di accesso.

A siffatte conclusioni giunge altresì l’orientamento dell’ABF secondo il quale la banca ha il dovere di applicare il suddetto D. Lgs 11/2010 li quale obbliga l’intermediario ad assicurare che i dispositivi personalizzati, che consentono di utilizzare strumenti di pagamento, non siano accessibili da parte di soggetti diversi dal correntista.

Ovvia conseguenza di quanto sopra considerato è che qualora quest’ultimo contesti alla banca l’esecuzione di operazioni di prelievo non autorizzate, chiedendo anche il riaccredito delle somme ingiustamente detratte dal conto corrente, grava sulla banca l’onere di provare che l’operazione è stata invece correttamente autorizzata dal cliente ovvero che lo stesso con la propria condotta è inadempiente degli obblighi scaturenti dal contratto sottoscritto (cfr. ABF, Collegio di Roma, seduta del 15.05.2012; Collegio di Napoli, n. 503/13 e n. 1721/13).

 

Conclusioni

Nell’ipotesi di prelievi fraudolenti sul conto corrente da parte di terzi sarà fondamentale per l’utente, onde non incorrere in preclusioni ed eccezioni da parte della banca, segnalare e denunciare tempestivamente a quest’ultima, in forma scritta e con apposito reclamo (con raccomandata a/r o con pec) la irregolarità delle operazioni eseguite in assenza di proprio consenso, circostanziando al meglio l’evento fraudolento e contestando al contempo l’estratto conto bancario.

Allo stesso modo, sarà importantissimo richiedere l’immediato blocco della carta onde impedire ulteriori prelievi non autorizzati e (soprattutto in caso di smarrimento della carta bancomat) denunciare presso le forze dell’ordine l’accaduto chiarendo altresì l’entità del danno al momento rilevabile.

In secondo luogo, sarà legittimo richiedere alla propria banca il rimborso delle somme fraudolentemente sottratte dal conto corrente, tenendo presente che, ad eccezione di quanto sopra esposto, per il correntista non vi sarà alcun onere probatorio in ordine alla regolare custodia e alla non diffusione a terzi delle carte e dei PIN di accesso, essendo invece la banca tenuta a provare il contrario.

Scarica l’Ordinanza del Cassazione

 

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